Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana ha lanciato un appello al Parlamento per sostenere il settore

Carlo Capasa, presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana (Cnmi), ha lanciato un appello al Parlamento, presentando sette emendamenti al disegno di legge di Bilancio 2025. Tra le proposte, due emergono come prioritarie: il nodo del credito d’imposta retroattivo richiesto dall’Agenzia delle Entrate e il rafforzamento della cassa integrazione ordinaria per le aziende con meno di 15 dipendenti.

Credito d’imposta e cassa integrazione: le richieste principali

La prima questione riguarda il credito d’imposta utilizzato dalle imprese tra il 2015 e il 2019, per il quale, a seguito di un cambiamento interpretativo, è stata richiesta la restituzione retroattiva. Capasa propone una soluzione dilazionata: una restituzione del 30% del credito, spalmata su dieci anni. Sul fronte della cassa integrazione, l’obiettivo è rafforzare il sostegno alle piccole imprese, che rappresentano la spina dorsale del settore, destinando 80 milioni di euro alla Cig ordinaria per evitare chiusure e licenziamenti.

Se le sette proposte venissero accolte, il governo dovrebbe investire 185 milioni di euro, una cifra che, secondo Capasa, è ampiamente giustificata: «Un settore che fattura 100 miliardi di euro e contribuisce con oltre 25 miliardi alle casse dello Stato merita attenzione. Per ogni miliardo perso nel fatturato della moda, lo Stato rinuncia a circa 250 milioni di surplus commerciale».

Altre proposte per sostenere la moda italiana

Tra gli altri emendamenti avanzati da Camera Moda, spiccano misure per favorire la resilienza delle imprese:

  • Sgravi fiscali per chi acquisisce partecipazioni di minoranza in piccole e medie imprese in crisi, con l’obbligo di mantenere l’occupazione.
  • Certificazioni per la filiera produttiva, per garantire trasparenza e qualità.
  • Innalzamento della soglia di detassazione dei fringe benefit, per alleggerire il carico fiscale sui dipendenti.
  • Un fondo da 15 milioni di euro, distribuito in tre anni, per promuovere il made in Italy sui mercati internazionali.
  • Capasa sottolinea l’urgenza di un piano industriale per il settore moda, che abbia un orizzonte di almeno cinque anni. «Le piccole imprese vanno preservate e i livelli occupazionali mantenuti intatti. Non intervenire oggi costerà di più domani», avverte.
  • Le sfide del settore e il ruolo delle piccole imprese.

Il comparto della moda, inclusi i settori beauty e occhiali, si avvia a chiudere il 2024 con una contrazione dei ricavi compresa tra il -3,5% e il -4%, con picchi del -8% nell’abbigliamento. A rischio ci sono 60mila imprese, di cui 40mila artigiane, che realizzano il 70% dei prodotti di alta qualità del settore. Ogni azienda conta in media appena 10 dipendenti, ma rappresenta un tassello fondamentale di una filiera unica al mondo.

Capasa conclude con un monito e una visione: «La moda è un patrimonio culturale ed economico italiano. Serve un piano strategico per il settore, altrimenti il vero punto di svolta rischiamo di vederlo solo nel 2026».