L’industria europea rallenta in Occidente mantiene una media positiva grazie ai Paesi della fascia orientale
L’Est cresce nella produzione industriale. Tra settembre 2023 e agosto 2024 la produzione europea è aumentata dell’1,8% rispetto ai livelli pre-pandemia, ma la Germania ha perso oltre il 9% della produzione industriale, la Francia il 5% e l’Italia il 3,5%. Al contrario, Polonia (+23%), Grecia (+21%) e Irlanda (+10%) registrano un incremento, beneficiando di costi inferiori e incentivi che attraggono investimenti.
Il costo dell’energia è uno dei fattori principali della crisi nell’ovest. I prezzi del gas, anche dopo il picco del 2022, rimangono quattro volte più alti rispetto agli Stati Uniti, impattando anche il costo dell’elettricità. L’inflazione ha spinto le banche centrali a mantenere elevati i tassi d’interesse, rendendo più costosi i finanziamenti e rallentando gli investimenti.
Un ulteriore ostacolo è la concorrenza della Cina, che da mercato promettente è diventata uno dei principali rivali industriali europei, soprattutto nel settore automobilistico. La dipendenza economica ha diviso l’Europa: mentre Francia e Italia hanno votato per i dazi sulle auto elettriche cinesi, Germania e Ungheria si sono opposte, preoccupate per gli effetti sulle proprie industrie.
L’assenza di incentivi fiscali per l’industria è un altro limite. Con livelli di debito elevati, Italia e Francia non possono permettersi stimoli significativi. Anche la Germania, pur avendo margine, è restia a investire in misure espansive, rinunciando a 95 miliardi di debito che avrebbero potuto stimolare l’economia.
L’indice di stress industriale segnala un peggioramento, frenato dai costi energetici, dai tassi alti e dal “razionamento” degli investimenti, che incide negativamente sul settore industriale europeo.