Dall'analisi è emerso che il 76,5% delle aziende intervistate considera la sostenibilità una componente strategica per il proprio business

Le normative sulla Due Diligence e la Corporate Sustainability Reporting Directive impongono alle aziende del settore moda nuovi obblighi di trasparenza e controllo sulle loro pratiche ambientali e sociali. Questi obblighi dovrebbero stimolare una revisione dei modelli di business, incoraggiando un maggiore impegno da parte delle imprese, finora orientate soprattutto all’autoregolamentazione.

Tuttavia, secondo una ricerca condotta dalla società di consulenza specializzata in sostenibilità, Cikis, nel 2024 si osserva una diminuzione del 6% delle aziende italiane che adottano pratiche sostenibili rispetto all’anno precedente. Nonostante ciò, la competitività continua a essere il principale fattore trainante per gli investimenti in sostenibilità, con un incremento del 40% rispetto al 2023. Questo è quanto emerge dal report “Moda e Sostenibilità 2024”, che ha analizzato due gruppi di aziende: uno composto da 12 brand e 42 imprese della filiera, e un altro costituito da 14 realtà che operano per conto terzi e hanno un proprio marchio. Le società selezionate sono rappresentative per fatturato (oltre 1 milione di euro) e numero di dipendenti.

La sostenibilità come componente strategica del business

Dall’analisi è emerso che il 76,5% delle aziende intervistate considera la sostenibilità una componente strategica per il proprio business, assegnando un punteggio medio di 8 su 10. In termini di autovalutazione, la media è scesa a 6,6 rispetto al 6,8 del 2023, con un aumento delle valutazioni più basse e una diminuzione di quelle più alte.

Tra le iniziative più adottate dalle aziende di moda in ambito sostenibile spiccano quelle legate alla circolarità del business, come la gestione dei rifiuti e il riciclo dei materiali, con un incremento del 39%. La misurazione degli impatti ambientali ha registrato un aumento significativo dell’82% rispetto all’anno precedente, anche se rappresenta solo il 7% del totale delle azioni intraprese. Al contrario, gli investimenti nella tracciabilità della filiera hanno subito una flessione del 30%, con la loro incidenza complessiva che è scesa dal 19% al 13,3%.

Tra i marchi intervistati, il 23,5% ha già investito o prevede di investire in pratiche legate all’economia circolare. Tuttavia, solo il 7,4% di questi sta effettivamente puntando su modelli di business più strutturati, come il noleggio, la rivendita e la riparazione.

Per quanto riguarda la tracciabilità, si evidenzia un’ampia collaborazione tra le aziende della filiera e i fornitori diretti, mentre nelle realtà con marchio proprio il livello di cooperazione risulta piuttosto basso o addirittura assente.

Ci sono buone notizie sul fronte della sostenibilità sociale: nel 2024, il 54,4% delle aziende ha investito in questo settore, con un aumento dell’8% rispetto all’anno precedente. Le iniziative intraprese spaziano dalle collaborazioni con enti e organizzazioni, donazioni e attività locali, fino al controllo dei fornitori attraverso audit e questionari. Inoltre, molte aziende si sono concentrate su attività a favore dei dipendenti, come la formazione, i servizi di trasporto, politiche di welfare e assicurazioni.

Il rapporto ha analizzato anche l’uso dei cosiddetti “materiali preferiti”, ovvero quelli considerati più sostenibili rispetto ai materiali convenzionali, seguendo le linee guida di Textile Exchange. Il 26,4% delle aziende moda ne fa un uso significativo, con un aumento del 51% rispetto all’anno precedente, mentre la percentuale di chi ne fa un uso limitato o nullo è scesa al 26,4%, in calo del 32%.

Stabili gli investimenti nelle rinnovabili

Gli investimenti in energie rinnovabili sono rimasti stabili rispetto al 2023, ma secondo Cikis, sarebbe necessario intensificare gli sforzi per allinearsi agli obiettivi climatici globali.

Un dato positivo riguarda l’aumento delle aziende che misurano le proprie emissioni, passate dal 24,7% del 2023 al 66,2% del 2024. Tuttavia, solo il 69,6% delle imprese ha fissato obiettivi di riduzione delle emissioni e solo il 6,9% ha stabilito traguardi in linea con la Science Based Targets initiative (SBTi).

Lo studio ha inoltre individuato i principali ostacoli all’adozione di pratiche sostenibili, che includono la mancanza di collaborazione all’interno della filiera, la burocrazia e la carenza di competenze.

In ogni caso, è incoraggiante che il 93% delle aziende intervistate dichiari di aver ottenuto o di prevedere un ritorno positivo sugli investimenti in sostenibilità, sia in termini economici sia di immagine, rispetto al 77,9% del 2023. Tra quelle che hanno riscontrato un ritorno positivo, il 43% lo ha ottenuto in un periodo relativamente breve, compreso tra uno e tre anni.

«L’adozione di un approccio integrato che includa la misurazione delle emissioni, l’uso di standard scientifici e la collaborazione lungo la filiera – sottolineano gli esperti di Cikis – permetterà alle aziende italiane di migliorare le loro performance ESG, acquisire vantaggi competitivi sia sul piano economico sia su quello reputazionale, e ridurre i rischi operativi».