L’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo vanta 60 anni di storia, fatta di tradizione e contaminazione della cucina locale
Sessant’anni portati molto bene. L’Unione dei Ristoranti del Buon Ricordo vanta 60 anni (e qualche mese) di storia, fatta di tradizione e contaminazione della cucina locale (l’antenata di quella che oggi chiamiamo autentica/salutare e a chilometro zero).
Comprende ristoranti che negli anni si sono associati per rappresentare l’arte della nostra cucina e per salvaguardare e far conoscere l’integrità delle tradizioni. Hanno fatto apprezzare una cucina “povera” dal buon ricordo, superando così controversi trend gastronomici, omologazione del gusto e mode culinarie fintamente raffinate o gourmet.
E’ proprio questo lo scopo della associazione: far partecipare e far aderire ristoranti che hanno nei loro menù una specialità, un piatto, una portata, una ricetta memorabile, di impronta regionale che li rappresenti. Che diventi, per chi lo ordina, una esperienza gastronomica unica, simbolo culinario, viaggio gustoso nelle nostre eccellenze, anche marchio di garanzia, simbolo di ospitalità del territorio in cui operano queste “botteghe” del gusto.
Il piatto decorato in ceramica, con l’illustrazione di quanto si è appena degustato, ricevuto come omaggio alla fine del goloso excursus, sarà l’emblema e l’icona di un’esperienza gastronomica unica e indimenticabile. Un buon ricordo indelebile, destinato a fissarsi sulle/nelle nostre papille gustative, in una memoria collettiva del tasting.
Abbiamo intervistato Luciano Spigaroli, Segretario Generale operativo dell’Unione Ristoranti del Buon Ricordo.

La vostra è la prima associazione di ristoratori nata in Italia nel 1964. Ci racconta qualche aneddoto storico, curiosità sconosciuta legata ai Ristoranti del Buon Ricordo?
Fin dalla nascita l’Unione ebbe un grandissimo successo. Un successo talmente grande da dare vita ad un collezionismo che diventò esasperato, al punto che nel 1977 nacque l’Associazione Collezionisti Piatti del Buon Ricordo. Negli anni
‘80 sono stati parecchi i casi di veri e propri “furti” di piatti del Buon Ricordo appesi nei nostri ristoranti. I collezionisti che giravano per l’Italia alla ricerca del “coccio”, venivano chiamati simpaticamente da noi ristoratori “i piattaroli”. Si era
arrivati al punto che il coccio era diventato più importante dell’esperienza gastronomica. Per fortuna ora anche il collezionismo è profondamente cambiato e infatti noi chiamiamo i nostri clienti “collezionisti di emozioni”.
L’associazione dei ristoranti del Buon Ricordo è stata la prima a parlare di cucina da valorizzare (legata alla tradizione), di ristorazione intelligente (come ad esempio il Km Zero o la creazione di orti per la materia prima), di riscoperta dei prodotti sani e naturali (magari legati alla propria infanzia o alle proprie radici).
Esattamente, fino dal 1964 quello è sempre rimasto il nostro credo, che abbiamo portato avanti resistendo alle mode che man mano si sono succedute.
Quale futuro vede? Quali nuove idee? Qualche sorpresa?
Noi del Buon Ricordo vediamo un futuro certamente roseo dal punto di vista lavorativo. Ogni giorno vediamo quanto la clientela stia tornando sempre più verso la cucina della tradizione regionale, fatta di prodotti di qualità e pochi ingredienti a km sottozero. Anche l’accoglienza calda e appassionata che regala emozioni fa parte delle caratteristiche del Buon Ricordo, apprezzate dai buongustai che si siedono alle nostre tavole. Dal punto di vista della ristorazione in generale temiamo davvero
che i prossimi anni possano essere pieni di difficoltà. Le vecchie insegne rischieranno di spegnersi mancando spesso il ricambio generazionale e la vera cucina della tradizione potrebbe avere grossi problemi. Per questo noi cerchiamo di fare squadra per resistere a questi momenti, che potrebbero essere davvero difficili.
Negli ultimi anni queste realtà, in diversi casi, hanno cambiato molto il modo di comunicare e di rendersi “visibili”, di scoprire un nuovo modo di fare “passaparola”. Che influenza hanno questi strumenti di innovazione tecnologica, sostenibilità,
digitalizzazione? In che modo tradizione e innovazione dialogano nei menù di questi ristoranti?
Il passaparola rimane sicuramente la forma di comunicazione più importante. Serve molto più tempo, ma una volta arrivata, dura molto a lungo. I social e gli strumenti tecnologici sono di velocissimo impatto ma poi serve avere la sostanza da offrire. Troppo spesso vediamo locali che pensano che sia sufficiente una bella campagna di comunicazione per avere successo.
Esiste da parte vostra un criterio di selezione dei locali che vogliono aderire alla Associazione dei Ristoranti del Buon Ricordo?
Ci parla delle novità e delle new entry, dei “cambi di menu” tra i Ristoranti del Buon Ricordo e della Guida 2025?
I criteri per entrare nella squadra del Buon Ricordo sono sempre quelli: locale di qualità, cucina legata alla tradizione con utilizzo di prodotti a km zero. La presenza di una famiglia è sempre gradita e spesso i ristoranti del Buon Ricordo si trovano in provincia. Per quanto riguarda l’alta cucina noi vediamo un grosso ritorno della clientela verso i ristoranti di cucina regionale/tradizionale.
Pochi fronzoli, calda accoglienza, qualità in cucina e sala, ma senza eccedere in spettacolarizzazioni. Per quanto riguarda i nuovi ingressi in guida 2025 del Buon Ricordo, la caratteristica principale che possiamo vedere è quella di locali con forte impronta
giovanile e grandi motivazioni. Quello che noi cerchiamo è proprio questo: colleghi che vogliano fare squadra. Solo così
potremo resistere alle sfide future, che saranno di certo molto impegnative. Affrontarle in 115 è sicuramente meglio che farlo singolarmente.