Economia della Conoscenza

«La musica è veicolo di cambiamento sociale»

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di Beppe Ceccato

Ho visto Ciara Moser suonare a Bologna lo scorso anno. Era la bassista di Danilo Perez nel tour dove il pianista presentava il suo ultimo disco, Crisalida. Con lui sul palco la moglie, Patricia Zarate Pérez, brava sassofonista, e, alla sezione ritmica, due giovani di grande talento, Francesca Remigi alla batteria e al basso sei corde, lei. Francesca e Ciara sono due forze della natura, la prima bergamasca, la seconda austro-irlandese. Entrambe si sono perfezionate al prestigioso Berklee Global Jazz Institute di Boston, il tempio della musica jazz mondiale dove Perez insegna. Ciara, 27 anni, ha pubblicato da pochi giorni un disco dal titolo eloquente, Blind. So what? (Cieca. E allora?). Ciara è cieca dalla nascita, ma sul palco quando corre libera sulla tastiera del suo basso facendo armonie impossibili, seguendo i cambi improvvisi degli altri musicisti, assecondandoli, vede, vive, osserva, si esprime. Il suo è un lavoro di grande impatto, pura fusion, di quella che andava per la maggiore a fine anni Settanta e negli anni Ottanta, con un groove trascinante, che richiede una conoscenza dello strumento assoluta. Ci siamo sentiti, lei vive e lavora a Boston.

Blind. So What? suona come una sfida…

Crescere da cieca ed essere inserita esclusivamente in contesti educativi inclusivi mi ha fatto capire molto presto che c’era molto lavoro da fare per sensibilizzare le persone con disabilità. I miei genitori mi hanno fatto ascoltare e suonare musica fin da quando avevo due anni e mezzo, quindi sia l’essere musicista, sia l’essere cieca sono state una parte fondamentale della mia vita. Quando ho iniziato i miei studi a Vienna e poi alla Berklee, ho notato che dovevo ancora affrontare importanti sfide come gli stereotipi e le idee sbagliate che le persone nutrivano nei miei confronti nel mondo della musica professionale. Ottimista e alla ricerca di soluzioni, ho cercato un modo per combinare sia la mia cecità sia la mia abilità di musicista per migliorare la mia vita ed esprimermi come artista. Un viaggio che mi ha fatto crescere.

La Berklee ti ha aiutata molto in questo senso?

Durante il Master sono stata profondamente ispirata dal tema della musica come veicolo di cambiamento sociale, ho migliorato le mie capacità sia come musicista sia come compositrice. E questo mi ha fatto venire voglia di condividere il mio messaggio attraverso la musica, sotto forma di quest’album di debutto, incentrato sul mio viaggio nella cecità.

Hai lavorato molto sul suono!

L’obiettivo principale in questo progetto è mostrare le mie capacità di esecutrice, compositrice, arrangiatrice e produttrice, di far sentire la mia voce unica di musicista in un corpo di lavoro coeso. Un ulteriore obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sulla cecità, affrontando gli stereotipi e le idee sbagliate di cui è vittima la comunità dei non vedenti e ispirando tutti i musicisti a vedere la musica attraverso la lente di una persona come me. In definitiva, mettendo in mostra il mio talento musicale e affrontando il tema di come la cecità influisca sulla mia vita, cerco di accendere il fuoco per mostrare un futuro più luminoso ai miei colleghi ma anche a tutte le persone non vedenti o portatrici di altre disabilità.

Hai sviluppato una spiccata sensibilità come musicista…

Essere cieca mi permette di percepire il mondo in tanti modi diversi rispetto alle persone vedenti. Uno di questi è che non sono distratta dalla vista quando suono. Ciò significa che posso concentrarmi al cento per cento sulla musica. La connessione con il pubblico assume un significato completamente diverso. Non posso vedere le persone ma le sento, percepisco le loro reazioni e l’atmosfera che si respira. Questo vale anche per l’interplay con i membri della mia band. Non sono in grado di vedere ciò che accade mentre suono, quindi i gruppi con cui collaboro sono portati a trovare altri modi di comunicare con me, musicalmente e acusticamente.

Quali sono i tuoi progetti?

Continuare a sviluppare la mia “voce” come artista e attivista per il cambiamento nel campo dell’abilismo. Nei prossimi anni continuerò a pubblicare musica con il mio nome e cercherò di fare tournée e festival presentando questo lavoro. Collaborerò in progetti di altri musicisti e cercherò di sviluppare progetti per lavorare sull’inclusione della disabilità nel campo della musica. Per esempio, con la creazione di programmi di mentorship per musicisti disabili, l’insegnamento di masterclass in università e college di tutto il mondo, la creazione di concetti didattici che coinvolgano il mio punto di vista di musicista non vedente e diano un risultato educativo, affinché altri musicisti possano vivere la musica in un modo nuovo.

Perché hai scelto il basso come strumento?

Ho iniziato a suonare il violino a due anni e mezzo, perché i miei genitori consideravano determinante utilizzare la musica per la mia cecità. La musica sviluppa il senso dell’udito, e suonare uno strumento serve alla coordinazione, a prendere consapevolezza del proprio corpo, a formare tutte quelle “abilità sociali” necessarie per poter vivere. Nella mia infanzia ho preso lezioni di pianoforte, percussioni, viola. A 13 anni, con i miei due fratelli minori e alcuni amici di famiglia abbiamo formato una band chiamata Blind Brats, scoprendo che ogni band che si rispetti aveva bisogno di un bassista. Così mio fratello, che era il chitarrista del gruppo, e io, che suonavo il violino, ci alternavamo al basso. Poiché la chitarra era determinante per tutte le canzoni che il gruppo eseguiva, ho finito per assumere io il ruolo della bassista. Da lì sono partita, frequentando il Pop Borg Linz Honauerstraße, scuola specializzata in musica popolare, quindi appassionandomi alle complessità del jazz grazie ad alcuni colleghi con cui suonavo.

Dove sei nata?

A Dublino. Mi sono trasferita in Austria a 4 anni. Mia madre è irlandese e mio padre austriaco. Si sono conosciuti sulle navi da crociera dove lavoravano come cuoco e cameriera.

Sei cresciuta nella musica…

I miei genitori non sono musicisti, ma amano la musica e la cultura. So che da entrambi i lati della famiglia le mie nonne erano molto “musicali”, una di loro era addirittura una musicista professionista. I miei genitori considerano la musica come parte determinante dell’educazione e, anche se io e mio fratello più piccolo non fossimo nati ciechi (ora lui studia giurisprudenza e canto jazz), ci avrebbero comunque spinti nelle braccia della