Oscar, vince il modello promozionale
Forte di sette Oscar, torna in sala Everything Everywhere All at Once dei Daniels, ma il cinema è davvero salvo?
di Sara Sagrati
Chi salverà il cinema? Durante la 95esima cerimonia degli Oscar di lunedì scorso la frase “ha salvato il cinema” è stata pronunciata più volte. Un cinema che accetta la sua crisi e dice di essere stato salvato da Tom Cruise o James Cameron grazie agli incassi di Top Gun: Maverick e Avatar 2 – La via dell’acqua. Facile identificare un salvatore, ma alla fine, a salvare il cinema sono i film, specie quelli capaci di intercettare e anticipare il loro tempo.
Vince quindi Everything Everywhere All at Once dei Daniels, segnando un record di 6 statuette nelle categorie principali (più uno per l’editing) e un momento storico di passaggio e consapevolezza del settore.
Gli Oscar da sempre sono una celebrazione dell’industria cinematografica e negli ultimi anni l’Academy ha dimostrato grande difficoltà nel fotografare un settore in profonda crisi. A vincere è, quindi, il modello produttivo e distributivo, ma soprattutto promozionale, dell’indipendente A24 – casa cinematografica americana fondata nel 2012 mentre uno dei suoi fondatori percorreva l’omonima autostrada italiana da cui ha preso il nome – che in 10 anni ha conquistato il suo posto al sole sperimentando, osando, sbagliando, nella fase creativa e commerciale.
Le major vanno sul sicuro con sequel, spinoff, remake e adattamenti per mantenere le proprie mastodontiche produzioni, A24 invece punta su autori e autrici internazionali, mantenendo costi accettabili e scommettendo sui festival, il cinema di genere e su un merchandising di grande appetibilità per collezionisti e fan accaniti.
Un modello vincente che coccola il pubblico affezionato alla sala e, all at once, anche nuovi spettatori. Odiato da molti per i suoi eccessi visivi, Everything Everywhere All at Once rappresenta la summa di questa tendenza: rimettere al centro la creatività, anche sbagliando, anche concentrando tutti i generi in uno.
Top Gun e Avatar non bastano più, e alla vittoria applaude anche lo sconfitto Steven Spielberg (The Fabelmans), riconoscendo un cinema che, al pari di quello creato da lui negli anni ‘70 con Duel e Lo Squalo, propone un cambio di paradigma.
Purtroppo in Italia EAAAO è stato distribuito in ritardo sul successo americano (e quindi piratato dal suo pubblico d’elezione), ma grazie al caro vecchio Oscar I Wonder lo riporta nelle sale per la terza volta. Non è che alla fine a salvare il cinema saranno ancora le vetuste statuette?