Economia della Conoscenza

Riecco Sanremo: soldi, show, vip. Ma la musica?

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Parlare del festival di Sanremo non è affatto facile. È un insieme complesso che va considerato su più piani. Il primo è quello economico: lo ricordava bene il nostro Massimo Galanto settimana scorsa nella sua rubrica Tv Blog: «La centralità del Festival di Sanremo nel sistema televisivo-discografico è certificata dai numeri. Nel 2023 la kermesse trasmessa in diretta da Rai1 ha chiuso con oltre 50 milioni di euro di raccolta pubblicitaria. Un dato in crescita rispetto a 12 mesi prima quando i ricavi si fermarono a 42 milioni». Per mamma Rai, dunque, profitti assicurati, come per la città di Sanremo il cui nome coincide con la parola Festival. Secondo il rapporto della Banca Ifis sull’Economia dello Spettacolo e Intrattenimento uscito lo scorso anno, relativo al 2022, il Festival ha portato al territorio ligure 18 milioni di euro, e sono dati in crescita. Ci guadagnano anche le case discografiche: per loro il Festival rappresenta il 2,5% del mercato discografico italiano che si è attestato su un giro d’affari che ha superato abbondantemente i 300 milioni di euro ‒ dati 2023. E anche per i concorrenti, che si portano a casa 48mila euro per le spese più tutto l’indotto garantito da pubblicazioni, sponsorizzazioni, apparizioni televisive.

Un affare milionario, dunque, nato dall’intuizione dell’allora direttore artistico del Casinò di Sanremo, Angelo Nizza, che convinse l’amministrazione comunale di quanto una gara canora fuori stagione fosse utile a un luogo di mare, tipicamente frequentato d’estate ma deserto d’inverno. Nizza, che era anche un giornalista, intuì la forza del festival appropriandosi dell’idea di un altro grande personaggio del tempo, Achille Franceschi, patron de La Capannina di Forte dei Marmi. Era il 1948, quando Franceschi pensò di promuovere il suo locale organizzando una competizione canora d’alto livello. Fu un successo, replicato anche l’anno successivo. Poi tutto si arenò: troppo alti i cachet degli artisti, come i costi organizzativi. Fu lì che Nizza fece duepiùdue e pensò al Casinò, a Sanremo e allo sviluppo di un possibile grosso affare.

Luigi Tenco

Passiamo al secondo piano: lo spettacolo. Il Festival, soprattutto negli ultimi anni, è diventato un grande contenitore. Ricordate Odeon tutto quanto fa spettacolo, splendida trasmissione di quando la Rai era avanguardia e non banalità, creata da Brando Giordani ed Emilio Ravel andato in onda dal 1976 al 1979? Ecco, con le debite eccezioni, il Festival è un saporito ‒ e pesante ‒ ragù di carni dove tutti gli ingredienti sono aggiunti al grammo e al momento giusto. Buonismo, fancazzismo, siparietti, allusioni, una strizzatina d’occhio di qua e una di là, falsi cortocircuiti creati per aumentare l’audience e far dimenticare il mondo là fuori che è brutto, sporco e cattivo. Si ricorderanno le guerre, visto che l’incipit di questa edizione è «la politica fuori dal Festival»? Magari sì, con le facce meste d’ordinanza. Ci saranno gli ospiti, canterini e non: Gigliola Cinquetti che festeggia i 60 anni di Non ho l’età e Giorgia i 30 di E poi, quindi Eros Ramazzotti, Leo Gassmann, i cast di Mare Fuori e Mameli, Roberto Bolle e Sabrina Ferilli. L’8 febbraio è previsto il superguest: il neozelandese Russell Crowe, 59 anni mal portati, che ci volete fare il tempo passa per tutti anche per Il Gladiatore: Ave Festival, moriturus te salutat

Infine l’ultimo piano, su cu si apre la voragine: la musica. Un paio d’anni fa avevo fatto un gioco con Mauro Ottolini, musicista habitué della kermesse. L’eclettico trombonista aveva pubblicato sottofestival Il Mangiadischi, doppio album con canzoni interpretate o suonate a Sanremo tra gli anni Cinquanta e Sessanta del ‘900, con alcune escursioni addirittura negli anni Trenta e Quaranta. Ventuno brani reinterpretati con la sua Orchestra Ottovolante e la gran voce di Vanessa Tagliabue Yorke. Abbiamo “suonato” un controfestival d’antan premiando una delle sue 21 canzoni “in gara”  (Nebbia di Caterinetta Lescano). Una boutade, per dire che da anni la musica al Festival è un orpello. Non perché non ci siano i cantanti, ma perché manca l’anima. Molti grandi interpreti sono caduti sul palco di Sanremo perché hanno portato brani troppo complessi per un pubblico che si vuole generalista, dedito allo streaming massivo, sempliciotto. Che ne sarà di Fiorella Mannoia? Non c’è posto per i Giovanni Truppi: nell’edizione vinta da Mahmood e Blanco con Brividi, il cantautore napoletano portò Tuo padre, mia madre, Lucia, finendo al 19esimo posto. E nemmeno per Tosca, una delle migliori artiste del nostro Paese: nel 2020 arrivò al sesto posto con Ho amato tutto, brano scritto, prodotto e arrangiato da Pietro Cantarelli, contenuto poi nello splendido Morabeza. Il palco dell’Ariston è pericoloso da questo punto di vista, non è un caso che tanti musicisti lo rifuggano.

Amadeus ha avuto un merito: intercettare i giovani inserendo lo Urban permettendo così la perpetuazione di una “messa laica” che fa notizia e macina utili. Ma tutto ciò ha un prezzo amaro per la musica italiana: l’abbassamento della qualità. Nelle scorse edizioni abbiamo assistito attoniti a episodi imbarazzanti spacciati per arte. Tutti si adeguano per avere la propria fetta di torta, discografici, musicanti, artisti. Perché Sanremo è Sanremo, recitava un fortunato claim di alcuni anni fa. Intanto Spotify che ha indetto un quiz tra gli ascoltatori dal titolo Che canzone di Sanremo sei? per profilare meglio (!!!) i cliccatori seriali, ha svelato gli ascolti dell’ultimo anno dei partecipanti al festival. Geolier, che per la cronaca sarà sul palco dell’Ariston con I p’ me, tu p’ te è il secondo cantante più ascoltato del 2023 sulla piattaforma streaming. La canzone più cliccata è stata Cenere di Lazza, oltre 117 milioni di ascolti, proveniente sempre dall’Ariston edizione 2023. Taccio per pudore. Tutto in linea dunque, con severe parole d’ordine: semplificazione, massificazione, profitto.

Per dirla alla Franco Califano che il palco lo calcò tre volte (1988, 1994, 2005): No, non ho detto gioia, ma noia, noia, noia, maledetta noia…

Postilla per l’Orchestra Sinfonica di Sanremo, che in questi giorni è alle battute finali di un Festival Barocco. Se la musica all’Ariston ha ancora il diritto di essere definita tale lo è grazie a questi musicisti.