Geopolitica

La chance di una Zona economica speciale unica per il decollo del Mediterraneo

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Con tanto di benedizione dell’Unione Europea, dal 1° gennaio 2024 è entrata in vigore la Zona Economica Speciale (Zes) unica per le regioni del Sud Italia, per rafforzare il sistema e sostenere la crescita e la competitività dell’intero Mezzogiorno. Sostituisce le 8 diverse Zes finora attivate (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna) e va a consolidare uno strumento che a quasi tre anni dall’avvio della piena operatività ha già avuto un evidente impatto economico positivo. Un recente studio di The European House-Ambrosetti sottolinea i risultati in termini di valore aggiunto e crescita occupazionale generati. Benchmark è la Regione Campania: si stima che se tutte le Zes del Sud progredissero come quella campana, potrebbero attivare – in via diretta e con l’indotto – 83 miliardi di euro, pari al 23% del valore aggiunto del Sud Italia.

E se funziona per il Sud Italia, perché non pensare a una zona economica speciale unica per il bacino del Mediterraneo? Una grande area transnazionale in grado di promuovere lo sviluppo nei 23 Paesi che vi si affacciano (24 comprendendo un’eventuale futuro Stato della Palestina, con la Striscia di Gaza).

Un progetto sfidante

L’idea, visionaria alla luce proprio delle tensioni geopolitiche in atto, non è nuova, da tempo se ne parla tra Stato e Regioni, seppur con toni da contesa calcistica. A rilanciarla con forza è stato la settimana scorsa un convegno organizzato a Roma dall’Eurispes in collaborazione con il Forum Permanente del Mediterraneo e Mar Nero, Lions Clubs International e l’Universitas Mercatorum. Il tema è tornato di grande attualità dal punto di vista geopolitico. Gian Maria Fara, presidente dell’Eurispes, ha sottolineato che l’istituzione della Zes Unica necessita di una visione e di una programmazione politica, «un ‘governo di sistema’ che, con un adeguato e innovativo impianto istituzionale, sia in grado di interagire in tutti gli àmbiti: ambientali, economici, sociali e culturali». Percorso non privo di ostacoli se si considera che il Mediterraneo non è ancora un’area “riconosciuta” come unitaria e omogenea, persino secondo l’Onu.
Diversi gli aspetti necessari affinchè l’esperimento possa decollare e dare frutti: dalle reti infrastrutturali per il transito delle merci alla natura giuridica delle Zes; ma anche i localismi dei diversi Paesi. Ed è stata infine annunciata la nascita di un Laboratorio sulla Zes Unica su modello del Laboratorio Brics dell’Eurispes, un luogo aperto di confronto e di scambio tra esperti.

Mediterraneo area strategica

Una cabina di regia unica per il Mediterraneo sarebbe un’occasione irripetibile per un’area strategica. Il Mare Nostrum unisce ben tre continenti, e anche se con le sue dimensioni rappresenta l’1% della superficie marittima mondiale, ospita il transito del 20% del traffico marittimo mondiale, il 25% dei servizi di linea su container, il 30% dei flussi di petrolio mondiali, il 65% del flusso energetico diretto nella Ue. Ancora, è il punto d’incontro di quattro grandi aree geoeconomiche: African Continental Free Trade Area (Afcta), Unione Europea,  North American Free Trade Agreement (Nafta) e Regional Comprehensive Economic Partnership (Rcep), ossia l’area di libero scambio tra Cina, Giappone e Corea del Sud. I Paesi che ne fanno parte pesano per il 9,7% del Pil mondiale e contano 550 milioni di abitanti.

Con l’aumentare dei traffici e delle rotte, e quindi della rilevanza del bacino del Mediterraneo nell’ambito dei trasporti e della logistica marittima, tutti i Paesi che si affacciano sulle sue sponde stanno perseguendo politiche di sviluppo del proprio sistema portuale e retroportuale, consapevoli che questo rappresenti un elemento chiave per l’economia e per lo sviluppo e la proiezione estera di un’area. Numerose Zes in tutto il bacino hanno fatto decollare l’economia di alcuni Paesi che ne fanno largo utilizzo.  Questi strumenti potrebbero altresì favorire le strategie di reshoring delle imprese che hanno delocalizzato e che ora valutano la possibilità di riavvicinarsi a casa; occorre un incentivo che potrebbe senz’altro partire dalla presenza di una Zes, che darebbe loro facilitazioni burocratiche e finanziarie anche per chi vuole ridefinire le proprie scelte allocative.

Il punto di partenza

Tutto sta a capire la volontà dei Paesi mediterranei a seguire questo percorso comune, che potrebbe rivelarsi una enorme chance in un momento di ridefinizione degli equilibri mondiali. Volendo, un nucleo embrionale da cui partire per una Zes unica euro-mediterranea ci sarebbe: l’Unione per il Mediterraneo (UpM). Si tratta di un’organizzazione intergovernativa che raggruppa 43 Paesi europei e del bacino del Mediterraneo: i 27 Stati membri dell’Unione europea e 16 Paesi mediterranei partner di Nordafrica, Medio Oriente e ed Europa sud-orientale. È stata fondata nel luglio 2008 in occasione del Vertice di Parigi per il Mediterraneo. È stata fondata nel luglio 2008 in occasione del Vertice di Parigi per il Mediterraneo, al fine di rafforzare il Partenariato euro-mediterraneo (Euromed).

L’Unione ha lo scopo di promuovere la stabilità e l’integrazione in tutta la regione mediterranea. L’UpM è un forum di discussione di questioni strategiche regionali basato sui principi di comproprietà, codecisione e responsabilità condivisa tra i membri.

Il centro studi SRM ha stimato che una Zes può far crescere l’export di un territorio fino al 4% aggiuntivo l’anno e il traffico portuale container dell’8,4%. Che l’Italia ci creda lo dimostrano i 630 milioni messi a disposizione dal Pnrr per sviluppare l’infrastruttura logistica, stradale e ferroviaria dei territori compresi nelle Zes. E vista la sua posizione strategica, potrebbe avere un ruolo determinante nel parto della Zes unica mediterranea. Un’altra grande sfida per il governo italiano dopo il Piano Mattei. l