Le opinioni

I benefici per il lavoratore aiutano le imprese a diventare più produttive

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di Cesare Damiano – Ex ministro del Lavoro, Presidente Associazione Lavoro & Welfare

Con l’espressione welfare aziendale si intende l’insieme dei benefici, monetari o in servizi, che l’impresa riconosce al lavoratore dipendente su base contrattuale o volontaria. Uno degli obiettivi è migliorare la qualità della vita e il benessere dei lavoratori e dei loro familiari. Con tali benefici si incrementa, oltretutto, il potere d’acquisto delle famiglie senza aumentare il loro reddito imponibile e il peso dell’erario sull’imprenditore.

Ricordiamo che anche nel recente Decreto Lavoro l’articolo 40 stabilisce che, limitatamente al 2023, i beni e i servizi prestati ai lavoratori dipendenti con figli a carico e le somme loro erogate o rimborsate dai datori di lavoro per il pagamento delle utenze domestiche, innalzate al limite complessivo di 3.000 euro, non concorrono a formare il reddito. Misura giustamente criticata dalle parti sociali perché discriminatoria nei confronti di chi non ha figli, che rimane ancorato al tetto annuo non tassato di 258,23 euro.

Ma al di là dei correttivi legislativi che, ci auguriamo, verranno adottati, diventa evidente che ciò che si definisce come welfare aziendale è ormai considerato uno strumento strategico per coniugare il benessere sociale dei lavoratori con l’incremento della produttività aziendale.

Nei fatti, la contrattazione, nazionale e aziendale, deve affrontare una nuova sfida: consolidare le forme di welfare che rispondano ad alcune fondamentali necessità.

  • In primo luogo, la salute e il futuro previdenziale.
  • In secondo luogo, quello che si definisce come work-life balance, ossia, l’equilibrio tra tempi dedicati al lavoro e alla vita privata.
  • In terzo luogo, le esigenze di flessibilità e di innovazione dell’impresa. Il vantaggio fiscale accordato al welfare aziendale, d’altronde, ha proprio questo obiettivo: massimizzare il beneficio per i lavoratori e il ritorno di produttività in un’impresa che tende sempre più alla sostenibilità.

Molti accordi aziendali prevedono, dal Protocollo Ciampi del 1993, lo strumento del Premio di Risultato e si può notare come ormai le politiche relative al “salario variabile” si colleghino sempre più allo sviluppo di sistemi di welfare fortemente innovativi.

Così come viene prevista la stessa possibilità di convertire il Premio di Risultato in misure di welfare contrattato con l’obiettivo di diffondere strumenti di rilievo sociale al posto del salario di produttività previsto dai premi.

Da ricordare anche le scelte negoziali che introducono la possibilità di convertire il Premio in giornate di permesso retribuito: uno strumento indirizzato nel senso della conciliazione tra vita personale e lavoro. Va sottolineato che queste sono misure orientate verso la parità di genere, il lavoro di cura e la genitorialità.

In conclusione, la contrattazione collettiva, di primo e secondo livello, rappresenta sempre più il volano per regolare i rapporti di lavoro oltre i tradizionali istituti negoziali. Essa si muove, oggi, nella direzione dello sviluppo di politiche che sostengano il benessere del lavoratore-cittadino, estendendolo dal singolo dipendente beneficiario dei diritti contrattuali al suo nucleo famigliare (anche di fatto), e alla stessa comunità aziendale nel caso del lavoro non standard e nel caso, ad esempio, della cessione solidale dei permessi retribuiti.

Dunque, un nuovo orizzonte contrattuale legato finalmente alla qualità del lavoro e al suo rapporto equilibrato con il tempo di vita si apre di fronte a noi e diventa una vera opportunità per il legislatore e per le parti sociali.