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Il risparmio sotto assedio e quel monito di Visco a banche e supervisori

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Giunto alla fine del suo mandato, il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco non ha mancato l’appuntamento con la Giornata del Risparmio ACRI, che si celebra ogni anno il 31 ottobre.

Un’occasione speciale, illustrata da un intervento ad ampio spettro, con considerazioni su geopolitica, economia, finanza pubblica e – ovviamente – sul risparmio degli italiani.

Tanti gli spunti di riflessione, illustrati con la cautela del ruolo, e quindi da leggere tra le righe. Il risparmio delle famiglie risente di spinte contrastanti; ha registrato una propensione crescente durante la fase pandemica e fino a inizio 2022, per la stasi dei consumi e per ragioni precauzionali. Ora è frenato dalla bassa crescita e dalla perdita di potere di acquisto che costringe ad attingere alle riserve accumulate.

Se si osserva l’ultimo trentennio, la propensione al risparmio delle famiglie si è in pratica dimezzata, ed è sotto la media Ue. Dopo la fase pandemica, il livello inizialmente in assestamento si muove in calo rispetto al pre-pandemia, mentre la ricchezza finanziaria complessiva delle famiglie viene erosa in termini reali dal ritorno dell’inflazione. Ciò nonostante, la ricchezza delle famiglie è pari a quattro volte il reddito disponibile, mentre la componente immobiliare, tipico rifugio dei risparmiatori italiani, appare in crescita.

La disponibilità di risparmio nel settore privato è comunque elevata, mentre l’indebitamento è contenuto rispetto alla media Ue. Gli effetti dell’inflazione incidono sui depositi a vista, in calo a favore di altri strumenti, come i titoli di Stato; questi – grazie a tassi (nominalmente) interessanti – hanno raggiunto un’incidenza sul totale delle attività finanziarie delle famiglie pari al 4,2% (quota che non si registrava dal 2014), mentre i depositi sono al 26% (valore più basso dal 2008).

L’intervento evidenzia qui sommessamente la scarsa e tardiva reazione della remunerazione dei depositi rispetto al ritorno dell’inflazione, probabilmente perché si tratta di strumenti di liquidità e non di risparmio. Vanno infatti un po’ meglio i depositi a termine che registrano un tasso medio del 3,4%, superiore a quello tedesco (3,1) e spagnolo (2,3). In ogni caso, la preferenza delle famiglie è principalmente (60% delle attività finanziarie) verso strumenti emessi da banche o intermediari autorizzati.

La solidità ed affidabilità di questi soggetti è dunque un presidio per la difesa del risparmio. Fondamentale il ruolo della regolamentazione e supervisione, basate su regole spesso più stringenti rispetto a quelle europee; anche se – va detto, per la verità – questo non ha impedito alcuni clamorosi default, non sempre indolori per i risparmiatori.

Ed a questo proposito non manca nell’intervento un serio richiamo agli intermediari sul possibile deterioramento nel breve periodo della qualità del credito. Rischi e opportunità anche dalla digitalizzazione della finanza; a fronte di minori costi di intermediazione, va però considerata la vulnerabilità dei sistemi.

Infine, il debito pubblico. Preoccupa, soprattutto in relazione alla crescita (insufficiente) dell’economia; timore che in parte influisce anche sull’andamento dello spread. Occorre quindi indirizzare le risorse verso investimenti produttivi che i privati non potrebbero sostenere, spingere verso la modernizzazione; soprattutto, evitare gli errori del passato, spesso dovuti a impreparazione davanti ai mutamenti globali e alla rivoluzione tecnologica.