Le opinioni

L’attacco di Hamas e il bombardamento virtuale delle fake news

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Influencer iraniani, gruppi di propagandisti filorussi, attivisti no-vax e cospirazionisti di ogni sorta si sono rivelati i primi alleati di Hamas. Accanto ai terroristi in carne ed ossa si sono schierati professionisti della comunicazione social pronti a dar vita ad una delle più stravolgenti campagne di disinformazione orientate a confondere l’opinione pubblica internazionale già fin troppo disorientata dai fatti reali.

Una rilevazione di Cyabra – realtà che tiene traccia delle informazioni false online con particolare interesse all’area mediorientale – riporta che quasi mezzo milione di profili su Facebook, Instagram, X e TikTok hanno pubblicato post sulla guerra durante le prime 48 ore. Un quarto di quella imponente massa d’urto era costituita da account falsi.

Il loro bombardamento virtuale ha raggiunto centinaia di migliaia di persone in Israele e all’estero, facendo piovere sugli schermi dei destinatari propaganda di Hamas sugli attacchi condividendo video e foto dei droni dell’organizzazione terrorista che lanciavano granate sui carri armati israeliani.

Un video “fake” apparentemente estratto da trasmissioni della BBC parla di una indagine di Bellingcat secondo la quale l’Ucraina avrebbe contrabbandato armi ad Hamas e il fatto sarebbe emerso grazie agli utenti dei social media russi. Non si è capito se si tratti di un contributo disinformativo “regalato” da entità molto vicine al governo di Mosca, ma è certo che si è trattato di una manipolazione molto ben congegnata.

Account collegati a Hamas e all’Iran hanno potenziato post in cui si diffondeva la notizia totalmente infondata secondo la quale le forze israeliane stavano attaccando la moschea di Al-Aqsa, azione che avrebbe voluto giustificare gli attacchi di Hamas tramutandoli da aggressione disumana in comprensibile reazione.

In questa baraonda globale emerge un noto influencer anti-vaccini che ha pubblicato un video di cospirazione in cui attribuisce la guerra a Gaza alla piena collaborazione tra “l’élite globalista”, l’amministrazione Biden e il governo israeliano, per creare la Terza Guerra Mondiale. Nonostante l’evidente farneticazione, quel filmato – diffuso su X, o Twitter che dir si voglia – ha finora ricevuto oltre 1 milione di visualizzazioni.

L’inquinamento informativo non soffia solo nelle vele di Hamas, ma alimenta quella che alcuni ricercatori etichettano come la “macchina del veleno” propagandistica gestita dai sostenitori del primo ministro Benjamin Netanyahu. Intorno a mezzogiorno di lunedì 9, molti account precedentemente concentrati sugli attacchi al movimento di protesta e gli attivisti di sinistra hanno improvvisamente iniziato a condividere in massa post e video che accusavano l’IDF e lo Shin Bet di tradimento.

La Israel Internet Association in collaborazione con FakeReporter ha creato una “War Room” per individuare, catalogare e smentire le fonti di disinformazione. L’hanno soprannominato Fakes Command Center, funziona 24 ore su 24 per trovare informazioni false su una serie di piattaforme comprese le reti semi-chiuse di messaggistica istantanea come WhatsApp e Telegram.

In un contesto per sua natura infinitamente drammatico salta fuori persino il neologismo “cospiritualismo”, una micidiale combinazione di tendenze politiche cospiratorie e misticismo antiscientifico.

Nessuno vorrebbe vedere immagini e filmati disgustosi, ma la cronaca non può risparmiare il sangue e ci basta quello. Pensare che qualcuno prepara cisterne di falsità cruente da riversare online non contribuisce a determinare con chiarezza quel che sta succedendo, a individuare le responsabilità delle scelleratezze su entrambi i fronti, a capire se la speranza riesce ancora a far capolino tra macerie e cadaveri.

Coniato il termine “cospirituralismo”, micidiale combinazione di teorie politiche cospiratorie e misticismo antiscientifico