Le opinioni

Mafie, non più bombe ma relazioni

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di Luigi De Magistris – Politico e scrittore

In queste settimane si commemorano le vittime delle stragi di Capaci e di via D’Amelio con l’assassinio dei due più importanti magistrati antimafia italiani: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

L’uccisione di Falcone fu una strage di cosa nostra con effetti politici: furono eletti due diversi presidenti della repubblica e del consiglio. L’uccisione di Borsellino fu una strage di Stato eseguita da cosa nostra. Borsellino aveva capito che non era solo mafia nell’uccisione di Falcone e che pezzi di Stato avevano iniziato una trattativa con la mafia.

Con le stragi poi di Roma, Firenze e Milano cosa nostra dimostra che è in grado di attaccare militarmente al cuore il Paese, sia le istituzioni sia il popolo.

Le mafie hanno subìto duri colpi dalla magistratura e dalle forze di polizia ma oggi sono più forti ed insidiose. È risultata vincente e lungimirante la strategia politica della ‘Ndrangheta che è da trent’anni l’organizzazione mafiosa più potente sia dal punto di vista delle relazioni politiche ed istituzionali, sia da quello economico e militare.

Siamo in piena fase di con le mafie. Accantonare l’attacco militare è servito a far abbassare l’attenzione, aumentare l’indifferenza verso il fenomeno mafioso, non considerarla una priorità, consentire la mimetizzazione nello Stato. Le mafie sono nel corpo dello Stato. Si sono infiltrate ad ogni livello.

La stessa magistratura non è rimasta indenne ed ha anche smarrito quella sua centralità morale che aveva acquisito con gli anni. Le ultime generazioni delle famiglie mafiose studiano nelle migliori università, sono colletti bianchi, professionisti, imprenditori, politici, uomini di legge.

Le mafie, soprattutto la ‘Ndrangheta, usano la carta bollata ed i proiettili istituzionali per colpire le persone che le contrastano e che non si piegano al sistema criminale. Le mafie, le cd. massomafie, da anni sono intrise del metodo piduista di utilizzare le istituzioni per realizzare un piano eversivo, senza bombe, dell’ordine costituzionale.

La neutralizzazione di stampa e magistratura e l’assetto verticistico del potere sono obiettivi strategici per il sistema criminale. Dal momento che il giro di affari delle mafie equivale ad almeno una manovra economica del Paese si pensi come inquinano l’economia ed il danno che subisce chi produce senza piegarsi ad un sistema economico illecito. Il denaro pubblico, come il Pnrr, non serve alle mafie per fare soldi ma per consolidare il rapporto con le istituzioni: enti locali, regioni, apparati governativi.

Se per avventura avessimo il potere con un coltello di dividere come una mela in due i capitali leciti e quelli illeciti dell’economia italiana il Paese rischierebbe il default. E le mafie non inquinano solo istituzioni ed economia, ma la democrazia, l’ambiente, il territorio. Sono un attentato alla salute e allo sviluppo delle persone. A loro interessa solo profitto e potere. Assomigliano sempre di più ad un pezzo assai consistente della nostra classe dirigente, ma forse più che somigliarsi si sono mescolati realizzando una reductio ad unum tanto da non distinguersi più. L’antidoto per scardinare il sistema è in primo luogo il sapere e la conoscenza del sistema.

Affidarsi nel contrasto a persone credibili che non usano la retorica dell’antimafia. Non bisogna avere un prezzo, ma essere incorruttibili, liberi, indipendenti, coraggiosi. E si deve praticare una rivoluzione culturale. Se non si abbatte la mentalità mafiosa che dilaga senza ostacoli rilevanti e senza sparare si rischierà di non poter più distinguere tra bene e male perché avranno la stessa pelle.