Le opinioni

Nell’era dell’AI vince chi ha un nome, non la tecnologia

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di Davide Ippolito – Esperto di reputazione aziendale e direttore di Reputation Review02

C’è una cosa che mi ha colpito tanto nelle scorse settimane, ovvero il trambusto generato dalla notizia che più di 200 libri su Amazon sarebbero scritti o co-scritti da ChatGPT. È anche molto interessante notare come molti libri siano accompagnati da illustrazioni realizzate sempre dalle intelligenze artificiali.

Di qui la grande paura. Gli scrittori non avranno più lavoro, i disegnatori non avranno più lavoro, eccetera eccetera.

Paure che ricordano molto quelle della rivoluzione industriale, quando gli artigiani preannunciarono la loro totale scomparsa.

Però pensateci bene, nel contesto contemporaneo, sempre più caratterizzato da progressi tecnologici vertiginosi, da automazioni sofisticate e da sistemi di intelligenza artificiale in costante evoluzione, cosa ci resta come unico elemento distintivo che va a ridefinire il valore di un individuo o di un’impresa, se non la Reputazione?

Se andiamo a vedere le classifiche dei libri più venduti, sono i nomi che ci piacciono o le case editrici che reputiamo migliori che vendono più libri. Siamo legati alla Reputazione di chi scrive e di chi edita.

Risulta indispensabile comprendere che la reputazione non è semplicemente un insieme di opinioni o giudizi esterni, ma un costrutto sociale molto più profondo. È una sorta di carta d’identità invisibile che influisce sul modo in cui interagiamo nel mondo. La reputazione può aprire o chiudere porte, può creare oppure distruggere opportunità.

L’automazione può aumentare l’efficienza, l’IA può migliorare la personalizzazione, ma è solo la reputazione che attira e mantiene i clienti, i partner commerciali, i dipendenti.

Mi torna in mente il bellissimo libro di Bruno Munari “Fantasia” dove l’autore faceva un distinguo tra fantasia, immaginazione, invenzione e creatività tramite definizioni provvisorie.

La fantasia permette di pensare a qualcosa che prima non c’era (anche cose non realizzabili praticamente) senza alcun limite.

L’invenzione produce qualcosa che prima non c’era occupandosi solo dell’aspetto funzionale senza porsi problemi estetici.

La creatività usa fantasia e invenzione per produrre qualcosa di realizzabile e funzionante. L’immaginazione, invece, è la facoltà che permette di immaginare ciò che la fantasia, la creatività e l’invenzione producono.

A questo punto subentrerei io con una nuova definizione che è quella di “reputazione”. La reputazione è ciò che permette di rendere attrattivo e vendibile ciò che l’immaginazione, la fantasia, la creatività e l’ invenzione producono.

La reputazione non è costruita in un giorno. È il risultato di anni di impegno, di decisioni etiche, di responsabilità sociale e di servizio al cliente, di azioni giusti, di consigli giusti, di raccomandazioni giuste.

Nell’era dell’automazione e dell’IA, non è il più tecnologicamente avanzato che trionfa, ma quello con la reputazione più solida.

Le competenze tecniche possono essere apprese e automatizzate, le macchine possono elaborare dati più velocemente degli umani, ma la reputazione rimane un terreno umano, una questione di fiducia e di rispetto. In questo scenario, la reputazione diventa la moneta del futuro, il vero distintivo che segna la differenza tra successo e fallimento in un mondo sempre più automatizzato.