Le opinioni

Quel “vizietto” di Tik Tok: scambia i nostri dati su Lark

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di Umberto Rapetto – Generale Gdf – già comandante Nucleo Speciale Frodi Telematiche

Che il social network TikTok possa fare un uso improprio delle informazioni personali dei suoi iscritti, rientra tra le suggestioni di chi circola in Rete e, magari, per precauzione sta alla larga dalla piattaforma cinese.

Che i dipendenti di ByteDance, società proprietaria di TikTok, si scambino informazioni e dettagli sugli utenti utilizzando il sistema di messaggistica e di cooperazione “Lark”, non è una suggestione e ci fa capire che – oltre a tante attività strutturate aziendalmente – anche la libera iniziativa cannibalizza gli archivi e setaccia quel che viene pubblicato per trovare qualcosa di “fruttifero” o semplicemente di pruriginoso…

La scoperta salta fuori dopo che una utente britannica scrive a TikTok lamentando che un uomo – nel corso di un “live streaming” o evento trasmesso dal vivo – si era esibito «giocando con se stesso». La riprovazione per la performance oscena ha innescato una procedura investigativa che, anziché muovere nel rispetto della dovuta riservatezza, è finita in uno scambio di commenti e osservazioni sulla chat interna che conta migliaia di utilizzatori.

E così, presumibilmente per rispondere al reclamo ed “evadere la pratica”, gli operatori di TikTok hanno cominciato a condividere i dettagli dell’incidente sul circuito di messaggistica istantanea.

Si saranno chiesti: «Ma chi è la rompiscatole che ha scatenato questo putiferio? E cosa ci faceva lì a guardare quello sporcaccione?». Oltre agli elementi informativi specifici della circostanza de quo, i dipendenti hanno ritenuto opportuno condividere anche tutto quel che si poteva sapere sul conto della signora che aveva denunciato la sgradevole vicenda: foto, città di residenza, indirizzo IP, tipo e caratteristiche del dispositivo adoperato e identificativo dell’utenza hanno cominciato a rimbalzare su migliaia e migliaia di postazioni di lavoro…

Lark è qualcosa di simile a Slack e a Microsoft Teams e si presenta come un efficace strumento di condivisione, che se non impostato correttamente va a trasformarsi in un acceleratore del pettegolezzo e in un amplificatore della diffusione indebita di informazioni riservate o comunque meritevoli di tutela.

Le inchieste giornalistiche – prima tra tutte quella del quotidiano londinese The Times – hanno fatto emergere natura, qualità e quantità dei dati liberamente scambiati attraverso Lark in spregio a qualunque regola. La gamma delle informazioni è spaventosa perché va dalle briciole anagrafiche ai macigni di immagini e filmati pedopornografici diffusi o semplicemente raccolti dagli utenti, che è comprensibile vengano ad essere oggetto di una spietata schedatura non solo su abitudini e preferenze sessuali, ma anche di ogni altro genere.

È un gran circolare di patenti di guida e di altri documenti personali, tutta merce che stuzzica l’appetito degli specialisti del furto di identità e di tanti altri banditi che ne possono fare un uso non professionale ma comunque deleterio per le relative vittime. La circostanza che può sembrare una novità, pare fosse nota alla dirigenza di TikTok e di ByteDance (che è proprietaria del social) almeno dal 2021, anno in cui alcuni addetti alla sicurezza avrebbero riportato al management il fenomeno in questione.

A fronte di sollecitazioni istituzionali e dei media, TikTok non ha risposto alle domande sul fatto che i dati di Lark fossero archiviati in Cina.

La piattaforma si sente autorizzata a fare quel che vuole e a non dare spiegazioni. La colpa di simili atteggiamenti è anche degli utenti. Nonostante i continui “avvisi ai naviganti” milioni di persone continuano a perdere il proprio tempo a guardare (o ad alimentare) i contenuti di quel social… Masochismo o sindrome di Stoccolma?