Le opinioni

Solo un lavoro stabile favorisce giovani e natalità

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di Cesare Damiano

Eravamo tutti in attesa del Decreto Lavoro che il Consiglio dei ministri ha approvato il Primo maggio scorso. L’indirizzo politico voluto dal Governo, e largamente anticipato dai media, esce riconfermato dal testo che è stato approvato: dunque, poche sorprese.

La prima osservazione riguarda la ristrettezza delle risorse disponibili che costringe l’Esecutivo a scelte drastiche. Lo stanziamento complessivo previsto dal Documento di Economia e Finanza (Def) per il 2023 è di circa 4 miliardi di euro. Una cifra analoga è prevista il prossimo anno.

Si è scelto, nell’immediato, di puntare tutte le risorse sul potere d’acquisto delle retribuzioni. La scelta, in sè, è condivisibile soprattutto in tempi di alta inflazione, ma non si può invece convenire sull’eccessiva enfasi che, sul risultato, ha posto la presidente del Consiglio.

Spieghiamo il perché. Prendiamo come esempio il reddito lordo annuo di 25mila euro di un lavoratore dipendente. Che vantaggi avrà? Dal Governo Draghi ha beneficiato di due interventi sul cuneo fiscale per un complessivo 2%, stimabili in 28 euro mensili. Dal Governo Meloni un ulteriore 1%, e siamo a un totale di 42 euro per l’anno in corso. Dal mese di luglio e fino a dicembre, con l’ultimo intervento, si aggiunge un altro 4% che equivale a 56 euro: totale 98. È stato centrato l’obiettivo dei 100 euro al mese, come richiesto dai sindacati? No, perché questo ulteriore aumento vale, in busta paga, solo per 6 mesi e, a partire dal prossimo gennaio tutti i 7 punti percentuali spariranno: si riparte da zero.

Un primo calcolo prevede che per mantenere questo beneficio per tutto il 2024 sarebbe necessario stanziare circa 12 miliardi, che non ci sono. Il lavoratore che abbiamo preso come esempio avrà dunque, nell’anno in corso, un aumento mensile medio di soli 67 euro. Siamo dunque, ancora una volta, di fronte a una normativa che non è strutturale.

Il decreto, come sappiamo, contiene altre misure che riguardano la sfera sociale. Le più discusse sono due: la sostanziale eliminazione del Reddito di cittadinanza e la revisione dei contratti a termine. Nel primo caso l’operazione voluta dal Governo punta sostanzialmente a ridurre le risorse destinate alla povertà e ai soggetti più fragili. Sui contratti a termine si punta alla loro liberalizzazione che, sommata al precedente ampliamento dei voucher nel settore dei servizi, va in controtendenza rispetto all’esigenza di un lavoro stabile, dignitoso e di qualità: obiettivo invocato dal capo dello Stato Mattarella in occasione del Primo maggio.

Noi restiamo dell’idea che se si vuole scommettere sui giovani e incentivare davvero la natalità occorra offrire loro delle prospettive di lavoro che non siano basate sui lavoretti sottopagati, ma inserite in un nuovo orizzonte sociale. Facciamo degli esempi: la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, la settimana lavorativa di quattro giorni, l’offerta di un welfare qualitativo pubblico e privato/contrattuale, la formazione permanente come diritto di cittadinanza, il ripristino di un ascensore sociale e di carriera aziendale, la buona flessibilità della prestazione a fronte della stabilità del rapporto di lavoro. Questi sono i temi da affrontare se si vuole comprendere e far fronte al nuovo atteggiamento che le giovani generazioni hanno del lavoro: non più una scelta totalizzante da accettare comunque, ma la volontà di comprendere l’orizzonte e le strategie dell’azienda per cui si lavora, per una transizione ecologica, tecnologica e digitale che sia permeata di un nuovo umanesimo. Per il momento siamo agli aggiustamenti che, purtroppo, non vanno in questa direzione, come dimostra l’ultimo Decreto.

Infine, si è molto discusso sul significato della convocazione di un Consiglio dei ministri il Primo maggio: una mano tesa di Giorgia Meloni o un’offesa/provocazione nei confronti dei sindacati? Per noi si è trattato dell’ennesima azione di propaganda in un tempo nel quale la politica ha sostituito la comunicazione e il marketing ai contenuti. Quello che risulta incomprensibile sono le dichiarazioni di alcuni, troppi, esponenti del centrodestra: «Mentre voi il Primo maggio fate canti e balli noi lavoriamo…». Le idiozie si commentano da sole. Speriamo che non venga convocato un Consiglio il prossimo Natale per non sentire altri stupidi commenti: «Mentre voi tagliate il panettone e bevete lo spumante noi lavoriamo…».