Le opinioni

Sulle pensioni non ci sono margini di intervento: riforma rinviata sine die

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di Cesare Damiano

Il Documento di Economia e Finanza (DEF) varato dal Consiglio dei ministri lo scorso 11 aprile ha fissato i punti essenziali della manovra che il Governo intende impostare per il medio termine e che verrà concretizzata, assieme al Decreto Lavoro, il prossimo primo maggio in una riunione del Consiglio dei Ministri appositamente convocata.

Se si vogliono esaminare con attenzione i contenuti, occorre partire da un numero, 4.5, che è la percentuale di Deficit fissata dall’Esecutivo in relazione al Prodotto interno lordo per quest’anno. Questa scelta consente un ulteriore indebitamento dello 0.2% che, tradotto in euro, equivale all’incirca alla disponibilità di tre miliardi e mezzo. Attorno a questa cifra ruota l’intero ammontare della Manovra per il 2023.

Il ministro Giorgetti ha già spiegato quale sarà la destinazione di queste risorse: andranno interamente a diminuire il cuneo fiscale per i redditi medio-bassi in continuità con l’opera iniziata dal Governo Draghi.

Riassumendo:

  • l’Esecutivo precedente aveva previsto per il 2022 una diminuzione dello 0,8% attraverso la fiscalizzazione degli oneri previdenziali per i redditi da lavoro dipendente fino a 35mila euro lordi annui;
  • ad agosto dello stesso anno, con il Decreto aiuti bis, Draghi ha aggiunto un ulteriore 1,2% per un totale, 2 punti percentuali.
  • con il cambio di Governo la presidente Meloni, nella manovra di fine anno, ha confermato la normativa Draghi già esistente aggiungendo un ulteriore punto percentuale per i redditi fino a 25mila euro (che sono saliti così al 3% di sconto sul cuneo fiscale), con un impegno di spesa complessivo, per il 2023, di oltre 4 miliardi;
  • a questa cifra adesso si dovrebbero aggiungere, per il periodo maggio-dicembre di quest’anno, questi ulteriori 3,5 miliardi.

Il sindacato, che ha l’obiettivo di un incremento di 100 euro netti mensili in busta paga, ha già dichiarato di ritenere insufficiente l’entità della manovra che, mediamente, è ben al di sotto di quella cifra: secondo l’elaborazione del Centro Studi di Lavoro&Welfare il nuovo intervento comporterebbe, per un operaio con salario lordo annuo di 22.800 euro, un ulteriore incremento di 12 euro netti mensili da maggio a fine anno.

Il prossimo anno il Governo prevede di racimolare, con gli stessi meccanismi contabili, una risorsa leggermente superiore, un po’ più di 4 miliardi di euro, da destinare in questo caso al riordino del fisco.

Come si vede, al di là delle promesse, i margini di manovra per il Governo sono enormemente ristretti. Balza agli occhi il fatto che non esista alcuno spazio per un intervento sulle pensioni, tema sul quale, soprattutto la Lega, aveva scommesso parecchio durante la campagna elettorale.

Il ministro Marina Calderone ha annunciato la ripresa del confronto con le parti sociali nel mese di settembre: il che significa che una vera propria riforma previdenziale è rimandata sine die. Al massimo, secondo alcune indiscrezioni, ci sarà una proroga di “Quota 103”.

Va osservato che il Decreto Lavoro contiene parecchi argomenti: dovrebbe definire la nuova misura che sostituisce il Reddito di Cittadinanza, con un taglio di alcuni miliardi di euro rispetto al passato, e una nuova normativa sui contratti a termine, che verrebbero ulteriormente liberalizzati.