Economia della Conoscenza

Evasioni, esperienze quotidiane di vita

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di Beppe Ceccato

A Roma, nella Galleria Umberto Mastroianni nei Musei di San Salvatore in Lauro, a due passi da via dei Coronari, fino al 7 maggio si potrà visitare Evasioni, la personale di pittura di Julia Breiderhoff curata da Marco Di Capua.

Tedesca di nascita, romana d’adozione, Julia presenta venti opere, tra cui un suo autoritratto, dove il tema conduttore, l’evasione, appunto, si carica di più significati ed esperienze. «Si può evadere in tanti modi, dalla quotidianità, andando in un luogo che ti faccia stare bene, da una vita che non ti realizza più, dalla fama», spiega l’artista. Il mare che si trova in molte opere, rappresenta l’evasione per eccellenza: addirittura viene ritratto in un quadro dentro a un altro quadro, come nel caso della serie sugli stendibiancheria che diventano da semplice oggetto d’uso comune una forma di «straordinaria quotidianità».

Perché proprio il mare?

È il simbolo dell’evasione. Da bambina i miei mi portavano al mare in Francia. Le emozioni che provavo allora le sento ancora oggi. Fissare il mare mi rilassa, il silenzio mi fa sentire bene. E poi mi piace osservare la gente in spiaggia o che gioca tra le onde.

I tuoi quadri sono per lo più di grande formato, c’è un motivo?

Mi piacciono perché prendono una vita propria, li inizi in un modo ma lo spazio ti impone di cambiare, di ripensarli, di creare altro. Sono belli e impegnativi.

Sei nata in Germania, tuo padre è un architetto, sei vissuta in mezzo allarte…

Sì, infatti ho frequentato il liceo artistico. Poi, appassionata di teatro e recitazione, sono andata a studiare ad Amburgo. Lì ho avuto la possibilità di iscrivermi a un seminario di recitazione a Roma con un insegnante americano. Ci sono andata e non mi sono più mossa da qui!

E ti sei laureata in fisica!

La fisica non è poi così lontana dall’arte. Ho deciso di iscrivermi dopo aver letto Il Tao della fisica (1975) di Fritjof Capra. La Fisica ti obbliga ad andare in profondità nel tuo pensiero, sa essere creativa. Prendi il paradosso del gatto di Schrödinger, dove l’animale può essere vivo e morto contemporaneamente… Il mondo è stato spiegato attraverso le intuizioni di persone che hanno creato e costruito la scienza. C’è voluta e ci vuole ancora una grande creatività per fare ricerca, studiare, scoprire.

La straordinaria quotidianità è uno dei tuoi temi fondamentali. Da cosa attingi?

Dopo la laurea ho iniziato a lavorare come riflessologa, aprendo uno studio. Lo so, sembrano tutte cose slegate tra loro, l’arte, la fisica, la riflessologia. In realtà fanno parte della costruzione logica di un mio percorso. Sono esperienze che mi hanno offerto molti spunti, ho imparato a conoscere l’essere umano. Quella piccola, straordinaria quotidianità sono per me i momenti più veri e intensi da raccontare. Osservo molto le persone, riempio i miei quaderni di appunti che poi trasformo in dipinti.

Quindi, lo stendibiancheria fa parte di questa tua filosofia di vita?

Per me è un simbolo dell’intima quotidianità. Chi non usa uno stendino? Nel quadro dove adagiato sopra lo stendino c’è un abito da sposa e alle spalle un dipinto con il mare, ho voluto raccontare lo scorrere dell’esistenza: cresci, hai tanti progetti, ti innamori, ti sposi, poi la quotidianità ti assorbe, l’amore cambia come la tua vita. Il vestito è nostalgia ma anche consapevolezza che la mutazione è un’evoluzione e non necessariamente in peggio.

In esposizione ci sono anche ritratti di donne  famose. Anche lì si tratta di evasione?

Avevo iniziato con Marlene Dietrich e Marylin Monroe, giovani donne che sognavano il glamour, la fama. Le dive evadono dalla loro origine verso la divinità. Per questo le ho raffigurate con dietro le bandiere di appartenenza (c’è anche Anna Magnani, con il tricolore come sfondo, ndr). C’è anche un ritratto di Martin Luther King davanti a una bandiera trasparente, in attesa d’essere riempita di colori. Quelli dell’uguaglianza e della fratellanza».