Economia della Conoscenza

L’invincibile estate di Milo Scaglioni

Scritto il

di Beppe Ceccato

Camus, un gallo e un basso. È necessario tenere a mente il poeta francese, il pennuto canterino e lo strumento ritmico quando ci si accinge ad ascoltare Invincibile Summer, il secondo lavoro di Milo Scaglioni uscito il 5 maggio scorso. Lombardo di Codogno, Milo è scappato a Manchester a 19 anni, come lui stesso racconta, «per cercare di allontanare i miei mostri in una provincia che mi stava soffocando».

Nella città-simbolo del rinascimento musicale inglese vive per un decennio, formandosi come musicista, suonando il basso con varie band. Quindi, nel 2009, decide di tornare in Italia «perché avevo capito che i mostri erano partiti con me», ancora nomade errante nel suo Paese.

Ora è stabile a Milano, dove fa il musicista e l’insegnante di inglese ed è il bassista dei Baustelle nella loro tournée estiva e anche nel loro ultimo disco, Elvis, uscito ad aprile. L’Estate invincibile della poesia di Camus è la presa d’atto di una speranza che può lenire i tormenti. Per l’intellettuale francese era sopravvivere agli anni della guerra con il sorriso, l’amore, la tranquillità, per Milo fare finalmente pace con i suoi “mostri” attraverso la purificazione della musica.

La title track, strumentale, va proprio in questa direzione: una preparazione “sinfonica” di poco più di due minuti per ciò che verrà. La lingua usata è l’inglese, la voce è calda, risalta soprattutto nelle ballad come l’intensa Sketches in the Sand o Locked in the Circle, brano impreziosito dal flauto traverso di Enrico Gabrielli. E se It’s Not Over risveglia memorie alla Kasabian, The Sound of One Hand Clapping ritorna su un terreno familiare a Milo, la psichedelia anni Sessanta, tema dominante del suo precedente lavoro Simple Present.

Invincible Summer è stato costruito a quattro mani con Angelo Di Mino, polistrumentista e producer che ha posto grande attenzione agli arrangiamenti (ascoltate, per esempio, From Paris to Amsterdam, 7 minuti e 25 secondi semplicemente perfetti) e arricchito dalla presenza oltre che di Gabrielli anche di Roberto Dellera. La formazione si completa con Roberto Dragonetti al basso, Antonio Leta alla batteria e percussioni e Valerio Mina al basso in It’s Not Over.

Un disco che merita attenzione in un panorama musicale in crisi di creatività, fresco, complesso, che ci si augura possa competere nel mercato globale. Ah il gallo! È lui il protagonista della cover, «un animale invincibile», mi dice Milo. Ultimo inciso: «È la vecchia insegna in vetro, alta oltre due metri, di una polleria a Corvetto». Ma questa è un’altra storia…