Economia della Conoscenza

Nel castello di Montecavallo il vino buono sta nella botte verde

Scritto il

di Riccardo Lagorio

Il vino, attraverso le sue storie, è lo specchio di un tempo, di un territorio, di un popolo.

Se nel 2019 Emmanuel Macron in visita ufficiale in Cina regalò una bottiglia di Romanée-Conti (pare, del valore commerciale di 20mila euro) al presidente Xi Jinping e il suo predecessore Armand de Fallières, presidente francese dal 1906 al 1913, abbandonava l’Eliseo durante la vendemmia per indossare gli abiti da vigneron nel suo Clos du Loupillon, il primo presidente della Repubblica italiana Luigi Einaudi in autunno lasciava il Quirinale per le colline di Dogliani dove lo aspettavano i filari di Dolcetto.

Un altro presidente, Giuseppe Saragat, nel febbraio 1969 spediva una cassa di Brunello di Montalcino Riserva del 1955 di Biondi Santi per una cena di gala con la Regina Elisabetta II presso l’ambasciata d’Italia a Londra, mettendo in pratica una delle più memorabili pubblicità del tempo per il Belpaese. Cent’anni prima, il 18 ottobre 1870, il ministro delle finanze Quintino Sella aveva offerto in brindisi al primo Governo italiano il Nebbiolo che la sua famiglia produceva a Lessona, nelle Prealpi biellesi.

Proprio nello splendido isolamento del Biellese, voluto dalle grandi famiglie laniere per garantirsi manodopera a basso prezzo, un’altra celebre famiglia del vino vede oggi l’arrivo della nuova generazione nella conduzione del Castello di Montecavallo, una magione dei primi decenni dell’Ottocento, alta su Vigliano Biellese.

«Il nostro obiettivo è di lanciare la tenuta nel panorama vitivinicolo, ma al tempo stesso proteggere l’ecosistema in cui siamo inseriti, dove i boschi confinano con la vigna rendendo possibile la naturale interazione di flora e fauna evitando le coltivazioni intensive», spiegano Tomaso e Martina Incisa della Rocchetta all’inizio della visita.

Una stazione meteorologica è di prossima realizzazione per contenere l’uso di fitofarmaci. Il percorso di visita viene arricchito da curiosi aneddoti e passa dalla vigna al parco. Il giardino all’italiana ricco di glicini, rose e camelie abbraccia il grande edificio in stile neogotico realizzato sotto la guida dell’architetto Alphonse Dupuy e in primavera merita una pausa più lunga.

Si è come trasportati in un chiostro cistercense al mistico cospetto della limonaia, ma la sorpresa più grande è l’incontro con bottiglie che hanno attraversato indenni due secoli custodite in un antro della cantina. Accanto si apre l’imponente ghiacciaia che in tempi antichi conservava il prezioso freddo per l’ospedale di Biella. Una breve salita e compare da dietro i tigli l’edificio colonico dove si spremevano le uve: chiunque rimane a bocca aperta ammirando le botti di castagno e il monumentale torchio che si muove agevolmente su binari centenari a Ca’ Bianca.

Ca’ Bianca è anche l’etichetta di Nebbiolo e Vespolina dei migliori ricordi: vino compiuto nel colore (granato e d’unghia aranciata), bouquet vivo, sapore austero e sornione al tempo stesso. Solo Aralcader (Nebbiolo dedicato a Clara Reda, matriarca della famiglia e pittrice) rivaleggia grazie al suo fare morbido e affabulatore in bilico tra scorza d’arancia e cannella.

Del resto la lettera di Luigi Veronelli indirizzata alla famiglia Incisa della Rocchetta presso il Castello di Montecavallo il 29 dicembre 1999 non lasciava trapelare dubbi sulla bontà dei suoli: le uve, vinificate a Bolgheri da Mario Incisa della Rocchetta nel 1974, avevano dato vita a un… gioiello. Tre camere arredate con gli originari mobili di famiglia assicurano silenzio e riposo. L’indomani mattina, dalla camera verde, affaccio sul parco e sul roseto.

Castello di Montecavallo

Via per Chiavazza, 30
Vigliano Biellese (BI)
Telefono 389.9326879
Web castellodimontecavallo.it