Economia della Conoscenza

Sanremo: vince Angelina Mango, da domani si ritorna alla… Cumbia della noia

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La dimostrazione di quanto sia importante il Festival di Sanremo per questo Paese la trovate questa mattina, sui giornali. I grandi quotidiani on line dedicano contenuti su contenuti, le homepage sono tutte sanremesi. Poi vengono i problemi dei salari, quindi il dramma mediorientale e giù elencando le miserie umane e politiche di questo mondo.

Angelina Mango meritava, era una delle poche che aveva dalla sua voce, capacità di stare sul palco, empatia, semplicità, un brano solido e leggero allo stesso tempo, firmato Madame e Dardust, insomma, degno del Sanremo dei tempi d’oro quando contava la musica. Forse l’unico, confermando tutto quello che si è scritto su questo magazine nei giorni scorsi. Al secondo posto, per dovere di cronaca, è arrivato Geolier, al terzo Annalisa e al quarto Ghali.

Dalle prime pagine dei giornali ai social: solo polemiche: Geolier, napoletano, dunque per forza “furbetto”. Critiche e mazzate a Dargen D’Amico, che in questi giorni ha continuato a dire – non l’unico – “cerchiamo di finire con queste guerre e queste uccisioni”; a Ghali che, giustamente e in maniera intelligente, reclama il pieno diritto di essere “un italiano vero”.

Tutto si riduce a destra e sinistra. Se “appoggi Ghali sei di sinistra”, “basta con questi festival dove c’è ancora bisogno di dichiararsi antifascisti”. Piccolezze umane che si leggono sui social a gran voce. Parafrasando De Gregori, oggi, potremmo dire che “i social siamo noi”, dunque, tutte quelle idiozie da tastiera che si leggono in queste ore rispecchiano quello che è il popolo italiano che frequenta l’etere: diviso, incolto, superficiale, spaccone, arrogante.

Il Festival esiste al di là delle canzoni, l’abbiamo scritto più volte. Anzi, queste sono un di più non richiesto. A essere sinceri, la musica italiana è altro e la si ascolta cercandola nelle pieghe dell’algoritmo, tutti i giorni. Artisti giovani e meno giovani che non si piegano alla semplicità ma cercano nella musica quella complessità che dia una ragione alla realtà in cui stiamo vivendo. Lo fanno attraverso la musica popolare, il jazz, il cantautorato, la World Music, le contaminazioni. L’arte serve a questo, a vedere avanti dove le piccole menti preoccupate dei propri orticelli elettorali non arrivano.

Da domani di Sanremo non si parlerà più, si ritornerà alla solita vita e alle solite polemiche politiche. Da domani si riparte con… la Cumbia della noia.