L'editoriale

Banca centrale europea, dai Draghi ai Falchi

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di Claudio Brachino

Whatever it takes, ah che nostalgia di SuperMario ora che nella Bce i Draghi hanno lasciato il posto ai Falchi, ora che tecnicismo, austerity e freddo nordico nella materia sensibile della comunicazione hanno ripreso il sopravvento.

Agli ermeneuti incalliti della legge di bilancio vorrei ricordare che l’aumento di mezzo punto del costo del denaro peserà sulle nostre aziende per 15 miliardi di euro, quasi la metà dell’intera manovra.

Un regalo avvelenato sadicamente annunciato per le feste? Non credo che nell’immaginario di nessuno di noi Babbo Natale abbia le sembianze di Christine Lagarde, presidente della Banca centrale europea. Niente di rosso, paffuto e paterno, piuttosto una signora alto-borghese, elegante, magra e radical chic. E anche nel pacco del nostro titolo non c’è nulla di veramente natalizio, piuttosto la semantica vira verso il polo opposto, cioè una fregatura.

Passi per l’ampiamente previsto aumento dei tassi d’interesse, ma il gelido annuncio che ce ne saranno altri, in rapida sequenza, a inizio 2023 ha mandato in tilt i mercati e fatto salire lo spread. Sempre nello stesso pacco europeo c’erano il Mes, 40 miliardi di nuovo debito da ratificare, e l’annuncio che da marzo la Bce ridurrà l’ammontare dei titoli di stato detenuti in portafoglio, quindi meno sostegno al debito pubblico italiano.

Insomma siamo di fronte a uno sgambetto natalizio dell’Europa, puntigliosa e insoddisfatta anche sulla legge di bilancio, o si tratta di una paranoia del governo Meloni affidata all’avanguardia di mister twitter Crosetto, ministro della Difesa scattato subito in difesa?

Due sono le interpretazioni.

La prima, sostenuta ad esempio da Mario Monti, ritiene che le scelte europee siano ispirate a una visione di politica monetaria generale, cioè che vale per tutti i paesi membri, senza nessun riferimento specifico a un paese in particolare. Per combattere l’inflazione galoppante in modo drastico la strategia è sempre la stessa ed è la stessa dell’omologa banca centrale americana, la Fed: si alza il costo del denaro di molto in breve tempo per riportare a percentuali ragionevoli l’aumento delirante dei prezzi.

Diametralmente opposta l’altra interpretazione: mentre quella americana è un’inflazione legata a un eccesso di domanda, quella europea è dovuta alla crisi energetica, aggravata dalla guerra in Ucraina, e dalla difficoltà a reperire le materie prime. Potremmo definirla un’inflazione geopolitica sovranazionale, che non avrebbe nulla a che fare con le congiunture specifiche delle singole economie.

E i numeri cosa ci dicono dello stato di salute dell’economia italiana?

Pur non amando l’inclinazione apocalittica di buona parte dei nostri media, dimostriamo spesso nelle nostre inchieste che dietro i numeri ci sono altre realtà. È successo con il lavoro, dove è vero che sono aumentati gli occupati come non accadeva dal 1977 ma si tratta in gran parte di persone grandi che hanno regolarizzato una situazione. Invece per giovani, donne e autonomi, uno scenario di crisi perenne.

Intanto però l’autorevole Cgia di Mestre ci ha ricordato come la crescita italiana nel 2022 è stata addirittura doppia rispetto ai principali competitor europei, +2,6% la nostra, +1,3% la Germania, +1,1% la Francia. Se a questi dati aggiungiamo quelli positivi dell’export delle nostre aziende, lo spettro della recessione, prossima sventura annunciata del 2023, sembra un po’ meno minaccioso o quantomeno un po’ meno scontato.

Certo se poi le politiche economiche comunitarie non ne tengono conto e senza una visione complessiva inseguono in purezza i lori schemi sulla linea mortale inflazione-debito, allora c’è da preoccuparsi. Siccome non ci piace essere vaghi, è giunto anche il momento di sciogliere l’ambiguità polisemica della parola pacco.

Siccome sulla legge di bilancio il governo è stato dialogante sia con Bruxelles che con le opposizioni, non parlerei di mania di persecuzione populista di fronte alla madre-matrigna Europa. I nemici di Crosetto e di Salvini per partito preso sono già sulle barricate ma attenzione: qui conviene, più che abbaiare alla luna, capire bene da dove arriva la vera minaccia. Gira da qualche giorno un calembour che dice più o meno così: non invitare mai a cena Babbo Natale perché sicuramente ti darà un pacco. Specie se ha le sembianze della Lagarde…