L'editoriale

Donne al potere il nostro primato

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Siamo spesso in cattive posizioni nelle classifiche europee, dagli asili nido ai Neet, dalla diffusione delle infrastrutture digitali all’occupazione, ma su una cosa il podio non ce lo leva nessuno: abbiamo per la prima volta una donna Presidente del Consiglio e una donna per la prima volta leader del principale partito della sinistra italiana, il Pd.

Una coppia così, governo e opposizione, è un gran colpo culturale, o antropologico se preferite, che restituisce un po’ di coraggio e un po’ di prestigio a una politica ripetitiva, litigiosa, ideologica e lontana dalla gente, se l’astensionismo non ha un significato solo statistico.

C’è chi dice che senza Giorgia non ci sarebbe stata Elly, ma anziché cercare inutilmente di risolvere per l’ennesima volta l’enigma dell’uovo e la gallina, procediamo con i dati di fatto. In assenza di una chiara prova scientifica del rapporto di causa ed effetto, né sociologica, né trascendentale (è ora di rileggere Kant), intanto diciamo che la Meloni e la Schlein hanno vinto nelle rispettive categorie perché le più brave.

Giovani, mediatiche, leader di narrazioni che nella loro diversità di contenuti erano perfettamente rappresentate nel sistema simbolico dalla loro storia e dalla loro personalità. Certo in queste narrazioni l’essere donne in quanto tali, la datità di Wittgenstein, ha avuto un peso. Una tendenza, un effetto storico, un vento epocale che non può essere disconosciuto o sminuito o letto secondo il prisma neo femminista.

Non ci vedo riscatti, riparazioni, ribaltamenti patriarcali, né la vittoria del merito come feticcio liberista. Piuttosto la capacità di incarnare la destra e la sinistra nelle nuove grammatiche valoriali del secolo che viviamo, di parlare contemporaneamente ai territori e ai social, di non escludere ancora una volta i giovani dal Discorso pubblico.

Certo appena si passa alla semantica politica le differenze sono abissali. Già sulle declinazioni dell’essere donna. Meloni: sono una donna, sono una madre, sono italiana, sono cristiana. Schlein: sono una donna, amo un’altra donna e non sono una madre, per questo non sono meno donna.

Se poi passiamo alla costruzione dei cosiddetti partiti, la prima sta provando le nuove geometrie variabili di una destra moderna, conservatrice e tradizionale. La seconda “rifonderà” il Pd, ovvero l’incontro dei post comunisti e dei post democristiani di sinistra in salsa riformista, nella direzione di un partito della cosiddetta Soggettività. I diritti in primo piano più che il territorio dello sconfitto Bonaccini. La nuova destra che prende i voti della provincia e dell’ex classe media impoverita, delle partite Iva e di parte dell’ex classe operaia, e il nuovo Pd, leader consolidato della borghesia illuminata e radical chic dei centri metropolitani, Milano in testa.

La guerra fra le due donne della nostra copertina sarà dunque totale.

Spero non all’insegna di quella cancel culture importata dal mondo anglosassone e che tanto piace alla nostra sinistra. L’avversario può e deve essere combattuto duramente ma deve sempre essere riconosciuto come tale e non annientato come nemico.

Spero che Giorgia ed Elly mantengano il conflitto nella dimensione culturale che attesti il passaggio dalla nevrosi dei guelfi e ghibellini alla dialettica di una democrazia matura. Bonaccini, il governatore dell’Emilia Romagna che ha sfidato la Schlein, è stato linciato per aver definito la Meloni “capace”. Non so se ha perso per questo o anche per questo, ma non sono bei chiari di luna. Come vorrei togliere alla sua sconfitta la retorica del cambiamento voluto a furor di popolo.

Nell’astruso regolamento dove si passa dal voto degli iscritti dei circoli a quello libero dei gazebo, ognuno ha potuto organizzare le truppe che voleva. Basti pensare che uno dei grandi elettori della nuova segretaria è quel Franceschini che naviga nel potere dai tempi di Veltroni, per non dire di Prodi. Insomma non giovani sardine ma pescioloni avvezzi a nuotare nelle dolci acque dell’establishment.

L’ultima differenza è proprio questa, la scalata di Giorgia underdog della Garbatella che non ha studiato in Svizzera, è più autentica, diretta e potente. Anche in senso elettorale. Spesso le urne sono abissi che inghiottono i gazebo.