L'editoriale

Guidare a fari spenti nella notte

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di Claudio Brachino

Chissà se il grande Mogol avesse mai pensato di finire accostato alla Bce, ma veniamo al dunque. Un rialzo dei tassi d’interesse così rapido e vorticoso è un dover essere hegeliano, una fatalità necessaria, una scelta senza altre scelte, o si può anche criticare, discutere, analizzare? Pare non lo possano fare i politici, che un po’ di anni fa hanno deciso di delegare parte del loro potere ai tecnocrati delle banche centrali che oggi godono, dunque, di totale autonomia.

La scelta fu dettata, a detta degli economisti, dalla speranza di liberare i vari paesi dall’incubo dell’inflazione. Così però non è stato e addirittura siamo tornati alle angosce di quasi mezzo secolo fa con in più la cattiveria infinita di una guerra nel cuore dell’Europa.

Sulle colpe è sempre quasi inutile discettare, Draghi con il suo whatever it takes, salvifico nell’immediato ma, sembra, tragico in prospettiva, la crisi delle materie prime e dell’energia, gli sconvolgimenti geopolitici. Comunque Lagarde e compagni non l’hanno vista arrivare, l’inflazione, e con la determinazione tipica di chi è in colpa e non lo ammette, marciano spediti verso un traguardo doloroso, ambizioso e ancora lontano, il 2 per cento.

Ora veniamo a sapere, sempre dai brillanti economisti in genere dormienti rispetto al potere, che in realtà quel 2 è un mantra formale, una convenzione fatta diventare religione da tutte le banche centrali del mondo, un feticcio che nasce in Nuova Zelanda circa trent’anni fa per dare una bussola a una politica monetaria nazionale.

Voi capite che rischiamo di vendere case e aziende, che vediamo svalutare i nostri risparmi e salire alle stelle gli interessi dei nostri prestiti (e chi non ne fa, dai più piccoli ai più grandi) perché stiamo inseguendo con testardaggine autistica una convenzione neozelandese? C’è chi, in preda all’egoismo nazionale, si illude che il problema non lo riguardi, cavoli di chi ha fatto un variabile, cavoli di chi ha un mutuo.

Vero, cari connazionali dalla vista corta, che l’80 per cento di voi è proprietario di casa, ma quando finiremo in recessione per colpa della Bce i cavoli saranno di tutti e già lo sono in effetti per gli effetti sul debito pubblico, tema che colpisce l’opinione pubblica meno del tradimento di Lukaku all’Inter.

Infine c’è chi storce il naso alle critiche della nostra Premier quasi quasi facendo capire che non è il caso di alzare la voce nel salotto buono dell’Europa. Forza però, tra un anno si vota, e non solo si potrà cambiare il governo della Ue ma anche la governance.

Anche in questo campo e a livello sovranazionale, così evitiamo le solite beghe da cortile, è giunto il tempo che la politica recuperi il primato sulla tecnocrazia. Così anziché i feticci formali inseguiremo come traguardo il benessere reale dei cittadini.