L'editoriale

Il capitalismo umano

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di Claudio Brachino

Tra le tante notizie della settimana ce n’è una che mi ha colpito, una notizia di poche righe sulle agenzie, non di quelle che infiammano il mainstream, i social o i talk. Niente a che vedere con il tour di Zelensky o il superderby di Milano, o con l’addio di Fazio e Littizzetto dalla Rai con tanto di “belli ciao” di Salvini.

Nel mantovano una donna di quasi 60 anni è morta in un incidente in una carpenteria leggera. Una lamina si è prima inceppata nel macchinario e poi è stata espulsa con la forza di una falce. Colpo alla gola, niente da fare. La donna sarebbe andata in pensione tra qualche mese, l’inchiesta è in corso. Vedremo, non voglio dire cose inesatte sulla dinamica o sull’azienda dove si è consumata la tragedia. Ci penseranno i magistrati.

La statistica, la fredda statistica, dice però che dall’inizio dell’anno i morti sul lavoro sono 3 al giorno. Troppi, inaccettabili. Tutti sappiamo che a di là delle trame del destino, modo elegante per dire fatalità ineluttabili, le cose accadono perché le norme di sicurezza non vengono rispettate, o dagli individui o dalle imprese. A tutti ma soprattutto a queste ultime rivolgo un appello: non è più il momento del capitalismo sfrenato, del profitto costi quel che costi.

Il mondo sta cambiando anche in questo, c’è chi ormai del welfare aziendale e del capitale umano fa non un vanto snob o da benefattore illuminato, ma il cardine di un nuovo processo economico agli antipodi dell’alienazione marxista e della vita singola barattabile.

Il nuovo capitalismo sostenibile è tale perché rispetta l’ambiente, le persone e i diritti. Chi non lo fa deve essere retrocesso su una scala reputazionale che non è solo un parametro etico, ma anche squisitamente industriale. Chi viola le norme non ha più la reputazione per partecipare alle gare d’appalto o per operare con credibilità sul mercato. La grande e controversa civiltà del Web ha una sua bellezza indiscutibile, tutto è trasparente, tutto è universale, tutto è sempre connesso. Un’eterna assenza di buio dove l’oblìo è impossibile.

Chi sbaglia paga, prima ancora delle leggi, prima ancora dei processi. Sarebbe dunque l’educazione civica contemporanea a salvare in primis le vite. Sarebbe bello ma quello che ho detto non è ancora una realtà conclamata.

Non è neanche un sogno irraggiungibile, è semmai una tendenza collettiva che si sta affermando, un’aspirazione che sale dal basso ma che coinvolge anche i big player nazionali e internazionali.

Coraggio allora, è la somma dei gesti di ognuno che fa le rivoluzioni, anche quelle morali. Celebriamo spesso qui con orgoglio e in controtendenza le nostre imprese, ci auguriamo che possano essere per davvero eccellenze in tutti i sensi!