L'editoriale

Il regolamento dei Conte

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Un racconto di Kurt Vonnegut, un video di Davide Casaleggio e le polemiche sul superbonus edilizio al 110%. Sembrano elementi casuali di una caotica marmellata concettuale, invece tutto si tiene.

Nel racconto provocazione di Vonnegut si parla di una società del futuro dove i cittadini non lavorano più e non lo cercano neanche più il lavoro perché non c’è. Al di là del fiume di una città distopica vivono i pochi oligarchi padroni di tutte le ricchezze perché padroni dei mezzi di produzione, in sostanza le tecnologie dell’intelligenza artificiale.

Ai cosiddetti cittadini va un salario minimo, uguale per tutti e immutabile, per gestire un immenso tempo libero. Nel video di Casaleggio junior, figlio di Gianroberto, ideologo e inventore dell’anima internettiana della prima ora dei grillini e della teoria dell’iperdemocrazia (la Rete al posto della rappresentanza), la stessa dimensione del racconto è spiegata sociologicamente. Nel 2050 ci sarà la morte del lavoro come lo intendiamo oggi, gran parte delle attività umane saranno svolte dalle macchine. Oggi Casaleggio e M5s vanno per strade separate, ma proprio in queste ore l’altro fondatore storico, Beppe Grillo, è tornato sull’idea di un reddito per tutti, 800 euro, 300 ai giovani, come in Catalogna.

Anche il Presidente Conte, leader rigenerato dalle ultime elezioni politiche, fonda il suo programma su un welfare pressoché totale: reddito di cittadinanza, salario minimo, settimana lavorativa più corta come in Francia, lo stato europeo più stato di tutti.

Ed è proprio con Conte che nasce durante il Covid il Superbonus, l’idea è quella di rilanciare il mercato dell’edilizia fortemente compromesso dalla pandemia e creare nuovi posti di lavoro. Al di là della misura in sé, a mio avviso giusta in quel momento storico, soffermiamoci però sulla visione di fondo che la genera.

L’idea economica è che il libero mercato e il liberismo non sono ricette universali e universalmente vincenti, piuttosto generano disuguaglianze, nuovi poveri e infelicità. Soprattutto non curano le ferite delle grandi emergenze planetarie come lo tsunami del Covid, e nessuno avrebbe poi pensato a una guerra nel cuore dell’Europa e a un drammatico scenario per l’energia.

La permacrisi o crisi permanente come ama definirla la signora che ha sconvolto i nostri mutui variabili, quella Lagarde che mette in guardia i governi europei da un’eccessiva politica dei bonus perché troppi liquidi rimangono in circolazione e l’inflazione base non cala pur calando quella energetica. Tant’è però che da tre anni gli Stati sono di nuovo entrati massicciamente nelle varie economie con misure diverse, una su tutte il super welfare continentale del Recovery Fund.

La domanda da porsi è fino a quando regge tutto questo, specie in paesi che hanno già un debito pubblico enorme come il nostro? Secondo i calcoli del Giornale tutte le misure grilline degli ultimi anni ci sono costate 92 miliardi.

Torniamo allora al Superbonus, ha funzionato per un po’, poi ci sono stati furbetti e violazioni penali (si parla di truffe per cinque miliardi), poi un mercato drogato e le speculazioni, poi i ripensamenti di Draghi, poi l’idea di scalarlo progressivamente, poi la chiusura brutale, con l’inevitabile dura protesta delle aziende coinvolte, soprattutto Pmi che rischiano di saltare per aria.

In questa storia qui riassunta come una prevedibile via crucis non ci son buoni e cattivi. I conti dello Stato vanno preservati, possibilmente senza creare ulteriori drammi sociali.

Però, e lo ribadiamo, il tema è sempre nella visione di fondo. La catena delle emergenze non può annullare per lungo tempo le regole del libero mercato, che magari va incentivato e insieme vigilato, e soprattutto le misure parziali ed emergenziali vanno contenute di fronte a una serie di misure strutturali che indichino una gestione a lungo termine della politica economica. In queste ore il leader grillino grida allo scandalo e dopo i poveri si erge a difesa di imprese e condomini, così facendo, e pur avendo avuto dei meriti, rischia di rimanere l’unico martire. Un vero e proprio regolamento di Conte.