L'editoriale

Il ri-stagno d’autunno

Scritto il

di Claudio Brachino

Sono tutti un po’ meno gentil(oni) ultimamente in Europa con noi italiani, più precisamente con il governo Meloni. Come sapete non possiamo fare a meno di giocare con il linguaggio, e meno male perché è un bel modo di oltrepassare le polemiche politiche di giornata.

Nel contesto semantico dell’Europa è finito nel mirino proprio Gentiloni, il Commissario italiano per l’economia, figura storica del Pd ma in questo caso figura istituzionale.

Critica con lui è stata apertamente la Premier, soprattutto sul dossier a rilento dell’accordo Ita-Lufthansa, e un po’ tutti nell’esecutivo hanno fatto passare questo concetto: quando le cose andavano bene era super collaborativo, ora che le cose vanno male e che si avvicinano le elezioni europee sotto la giacca del commissario torna ad ardere la fiamma del partito di appartenenza. Fiamma non si dica giammai, quello che arde è semmai il fuoco incrociato delle opposizioni. I pompieri dell’una e dell’altra parte hanno spento un po’ gli animi di tutti ma il tema rimane, soprattutto rimane il dato di fondo, ovvero il comunicato della stessa Commissione Ue sulle stime in ribasso per la crescita economica dei paesi membri.

Tutta colpa della Lagarde e della miope politica monetaria della Bce. Noi lo diciamo da mesi, basta fare un’antologia delle nostre copertine, ma se a contestare i tecnocrati di Francoforte è un’importante istituzione di Bruxelles, allora vuol dire che sta cambiando qualcosa di serio nella governance europea generale.

Che la battaglia all’inflazione non si potesse fare così lo hanno detto un po’ tutti da varie visuali, ma il pericolo della recessione è diventato realtà nel paese locomotiva industriale del continente, la Germania, uno dei nostri principali mercati esteri, nostri vuol dire delle nostre Pmi.

Anche qui, le firme degli esteri del Settimanale sono state malinconicamente profetiche dicendo già in primavera che la crisi tedesca si sarebbe portata dietro quella italiana. Mettendo in fila le cose, le cose stanno così: caro vita, caro mutui, caro prestiti, calo dei consumi, calo della produzione, calo della previsione annuale del Pil. Ricompare purtroppo lo 0 nelle stime, +0,9 per il 2023, ma solo +0,6 nel 2024.

Dicono gli analisti che con questi numeri rischiamo una stagnazione che dura anni, anche perché il mood negativo è di tutta l’Eurozona tranne alcune eccezioni come la Spagna. Per fortuna sono gli stessi analisti a dire che le previsioni di questo tipo sono perennemente inesatte, come mutevoli sono i parametri di giudizio.

Speriamo allora che questo titolo, il ri-stagno d’autunno, sia solo una discutibile performance giornalistica del momento.