L'editoriale

Ma chi fermerà la guerra?

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È diventato davvero difficile parlare della guerra in Ucraina, soprattutto nel nostro paese. Appena uno dice una cosa distante qualche centimetro dal coro, scattano processi, rappresaglie politiche e accuse di filo putinismo. Il tutto a scapito di un’analisi più approfondita delle cose che non si faccia imbrigliare da narrazioni e propagande.

Provo, come esempio, a dare una lettura meno schematica dell’ultimo incidente, Berlusconi che ad urne aperte critica Zelensky e l’America per un atteggiamento troppo guerrafondaio, invocando per la pace un po’ di realismo seguito da un piano Marshall per la ricostruzione. Certo la forma non è il massimo, voto in corso, contraddizione della politica estera del governo di cui pure si è parte, imbarazzo per i rapporti internazionali della Meloni che deve anche andare a Kiev. Tutto vero.

Però c’è dell’altro. L’anziano leone della comunicazione coglie a suo modo un sentiment popolare. Gran parte degli italiani sono stanchi della guerra e l’iniziale simpatia e anche commozione per Zelensky la vittima ha lasciato il posto, dopo dodici mesi senza sviluppi sostanziali, a un po’ di diffidenza e di scetticismo.

Che non vuol dire essere dalla parte di Putin l’aggressore, ma chiedersi se davvero si siano esplorate tutte le vie per la pace da parte di tutti gli attori della tragedia. Gli italiani, che non sono tenuti a essere tutti esperti di geopolitica, sentono parlare di armi ogni giorno e sentono parlare, come nulla fosse, di escalation nucleare. In un anno, dal 24 febbraio del 2022, tutti i tabù sono caduti, tutte la parole indicibili dell’orrore sono usate e abusate dal mercato corrente e banalizzante della comunicazione. Escalation sta per terza guerra mondiale, quella nucleare. L’ultima dell’homo sapiens.

Mentre scrivo, a corredo di una lunga e approfondita inchiesta del nostro Settimanale sul primo sinistro compleanno del conflitto in Ucraina, navi russe con missili nucleari sono state segnalate dai servizi norvegesi nel mar Baltico. Non succedeva da trent’anni. Aerei di Mosca sorvolano la Polonia e si schierano ai confini.

Insomma dove sono i segnali della pace che tutti aspettano? Putin probabilmente rilancerà con una nuova grande offensiva e Kiev annuncerà una grande controffensiva di primavera. Nessuno vince, nessuno perde, nessuno vuole uscire umiliato, nessuno ha in mente un’exit strategy convincente. Così la guerra, la sporca guerra, andrà avanti fino al 2027 come dicono alcuni esperti, con una ricostruzione che durerà altri cinque anni.

Ci rivedremo, se così fosse, per una qualche normalità nel 2032, per il decennale insomma. Altro che stanchezza cari italiani, stufi anche di sanzioni, inflazioni energetiche, crolli dei mercati dell’est. E quanti affari in meno con i russi che non vengono più nel nostro paese. Questo non vuol dire che non si comprendano le ragioni degli Ucraini. Come noi europei abbiamo trovato un po’ di unità con il Covid e un potente fondo comune, il Recovery Fund, per venire incontro a tutte le economie ferite, così il popolo di Kiev ha trovato una sua identità nella difesa della propria libertà contro Putin l’invasore.

Mi diceva Poletti, italiano che vive ad Odessa dove dirige il giornale della città, che forse neanche Zelensky può ormai decidere da solo rispetto a quello che gli chiede il suo popolo coraggioso. E a quello che gli chiede anche chi lo sostiene, esercito in primis. Come dice Russel Crowe nel Gladiatore prima della cruenta e decisiva battaglia iniziale contro i barbari in Germania, tutti i popoli che combattono per la loro libertà hanno le loro ragioni.

Lasciando agli analisti il commento di questo anno di guerra, una cosa sola aggiungo, da uomo che a lungo si è occupato di guerre in tv, a cominciare da quella del Golfo nel 1991 che ha segnato anche l’inizio della mia carriera. Non cadiamo mai nella triste assuefazione delle immagini. Tra polemiche, pericolo fake, scontri ideologici, i reporter di tutto il mondo ci hanno comunque raccontato la morte, la devastazione e il dolore di chi rimane. Un pensiero va a tutte le vittime, tutte, e un abbraccio va a chi vive tutti i giorni nel limite sottile tra la vita e l’abisso. Questa è la guerra!