L'editoriale

Piano Nazionale Ritardi e Recriminazioni

Scritto il

di Claudio Brachino

Eccolo qui di nuovo in primo piano l’impronunciabile acronimo in cui abbiamo impacchettato gli oltre 200 miliardi di euro di aiuti dell’Europa, il PNRR, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. Ovviamente, come era prevedibile, ci sono difficoltà nell’attuazione e ovviamente subito è partita la cagnara politica. Ultimo fronte di scontro ma certo non l’ultimo, visto che ormai tra maggioranza e opposizione è guerra totale tranne, forse, che per qualche nomina su cui i retroscenisti sono scatenati da giorni.

Il ministro per gli affari europei Fitto è stato chiaro, alcuni obiettivi non li raggiungeremo per la data limite che ci ha dato Bruxelles, ovvero il 2026. Dunque tanto vale dichiararlo ora e non nel 2025, evitando così la solita scena infantile dello scaricabarile delle colpe. Inutile, perché quelli che hanno in uggia la Meloni hanno già titolato contro il governo, mentre il governo un po’ scarica su Draghi, un po’  cerca di ottenere una proroga, uno o due anni in più rispetto al 2026 per mettere a terra, come si dice, tutti i finanziamenti. Fin qui la cronaca, ma ancora una volta la nevrosi italica dei guelfi e dei ghibellini non porta da nessuna parte, nemmeno sul piano analitico.

E’ evidente invece che una materia così complessa non può essere affrontata se non nella sua storicità, con responsabilità diverse spalmate nel tempo e con alcuni problemi strutturali del sistema Italia che non possono essere risolti in un lampo da nessun governo, di quale colore esso sia, giallo verde, giallo rosso, giallo rosa, giallo ocra, azzurro, azzurrissimo, e ognuno lo pigmenti come vuole.

Dal sorriso di Conte, allora premier, e di Gualtieri, allora ministro dell’Economia e oggi sindaco di Roma alle prese con cinghiali e rifiuti, sembra passato mezzo secolo. Invece era “solo” il 2020, c’era la pandemia, e l’Italia esultava per essersi assicurata una bella fetta di quel Recovery Fund con cui l’Europa dava finalmente una risposta unitaria al trauma del virus.

Poi vennero subito le nevrosi formali, meglio chiamarlo Next Generation EU, pensando al futuro, ai giovani che prenderanno in mano un mondo migliore, con più infrastrutture, il tutto all’insegna della sostenibilità, con i vari paesi membri resi più moderni dalle riforme necessarie per prendere le varie tranche di quello che rimane per buona parte, è giusto ricordarlo, un super prestito.

Poi venne il fondamentale tema della governance e Renzi abilmente vi scorse il tallone d’Achille dell’avvocato del popolo e tanto fece da impallinarlo (certo non da solo) a favore di Draghi. Quando Mattarella ci presentò il primo della classe per antonomasia disse subito i due scopi del nuovo governo, i vaccini e i soldi dell’Europa. Nel primo caso missione riuscita, nel secondo anche SuperMario si accorse che burocrazia, assenza di progettualità e di competenze unite ad avidità consolidate, avrebbero reso il PNRR non solo un oggetto linguisticamente ostico, ma anche di difficile realizzazione. Avrebbe usato il suo prestigio internazionale per mischiare un po’ le carte, ma nel luglio scorso Cesare fu pugnalato, prima dal Conte disarcionato, poi da un pezzo di centro destra, non dalla Meloni che avrebbe vinto le elezioni e formato un nuovo esecutivo.

Da luglio 2022 siamo finiti di fatto a novembre, con una Legge di Bilancio da fare entro la fine dell’anno, la guerra in corso, la crisi energetica. La Meloni non ha bisogno di difensori, ha già abbastanza gente sul carro, ma per onestà intellettuale va ricordato che in pochi mesi con i mostri italici di cui sopra c’è poco da fare. Inutile darle tutte le colpe, fino alla gravissima accusa di essere la mandante morale, in quanto Stato, della tragedia di Cutro, o rispolverare l’Istituto Luce se sale su un F35 alla festa dell’Aeronautica. La destra non cadrà per questo, invece l’Italia ha bisogno di quei soldi.

Il ministro Fitto sta riformando la governance accentrando e razionalizzando i poteri, per i sindaci è in arrivo uno scudo erariale e il decreto sblocca cantieri è passato. Basta con l’angoscia dell’illegalità. Mi rifiuto di pensare che a ogni azione in democrazia corrisponda un reato. A ogni azione deve corrispondere, anche in un mondo imperfetto, il bene dei cittadini.