L'editoriale

The dark side of Italy

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di Claudio Brachino

Nessuno spirito apocalittico, come dichiarato fin dall’inizio di questa avventura editoriale, nessun gusto del male, nessuna spinta ideologica a voler dimostrare che il paese va da una parte piuttosto che da un’altra a seconda di chi lo comanda. Eppure c’è un lato oscuro della luna di cui sarebbe facile parlare ma di cui nessuno ha voglia di parlare. Ho scoperto il tema del sovraindebitamento come focus specifico in un convegno e ho anche scoperto che occuparsene aveva qualcosa di scabroso.

Forse perché nessuno, persone, famiglie, aziende, ha piacere di essere indagato nelle proprie fragilità o meglio, siamo precisi, nel proprio fallimento. La parola è stata accantonata nelle pratiche amministrative e giudiziarie perché cristallizza una sorta di condanna definitiva. Perché nella sua negativa cupezza può spingere alla depressione e anche al suicidio. Bene, dunque, questo passo in avanti nella neo-lingua della civiltà, ma il sottotesto rimane nella vecchia lingua sociale, ovvero la perdita della reputazione.

Nella nostra inchiesta ricordiamo che esistono tante vie per la salvezza, che ci sono leggi apposite dello Stato (di cui non si parla mai) e che c’è il lavoro di associazioni presenti su Internet e sul territorio anche con consulenze legali appropriate, tema decisivo per non farsi bocciare le richieste da un giudice. Detto questo, la scabrosità rimane, come pure la ritrosia del mainstream, sospesi e sballottati come siamo tutti i giorni fra due narrazioni: l’Italia che va, l’Italia che non va.

Nel primo caso il PIL è migliore del previsto, la recessione uno spauracchio dei Gufi, la produzione industriale va a gonfie vele e le nostre aziende, grandi, medie o piccole che siano, godono di ottima salute, compreso il commercio estero. E poi i progetti del PNRR vanno pure loro a gonfie vele, l’occupazione ha numeri che non si vedevano da decenni, insomma a voler usare più che la semiotica la segnaletica sociologica, nessuno stupore se i ristoranti di pesce a 100 euro a persona (bevande escluse) sono sempre pieni in una grande città come Milano, la nostra capitale economica.

Poi c’è l’altro racconto, i quasi sei milioni di italiani in povertà assoluta (numeri della Caritas), la fila sterminata alla mensa di chi non ha da mangiare, dove si aggiungono sempre più persone appartenenti alla ex classe media falcidiata da bollette, tasse, mutui, affitti, caro vita, salari troppo minimi. E poi un numero elevato di percettori del reddito di cittadinanza, specie in alcune regioni, vedi il Meridione.

Lo dico senza alcun giudizio, il successo di Conte e del suo nuovo M5s è dovuto alla capacità di intercettare politicamente questo mondo, cosa che non riesce più al Pd, principale erede della storia della sinistra italiana ma in crisi di identità, più profonda di quanto dice quella che dovrebbe essere una normale, seppur battagliera, corsa alla segreteria.

Le abbiamo definite narrazioni, dunque aggregazioni di simboli mediatici, ma non per questo due racconti slegati dalla realtà. In effetti il nostro è un paese sdoppiato, con più luci del previsto, ma con ombre profonde che si possono riassumere in una parola: disuguaglianza.

A quella storica fra ricchi e poveri, fra Nord e Sud, fra uomini e donne (leggevo prima di scrivere che se avessimo risolto il problema dell’inclusione femminile nel lavoro avremmo qualche punto in più di PIL), se ne sono aggiunte altre create dal Covid e dalla cosiddetta economia di guerra. La scala sociale si è bloccata, un giovane povero della Basilicata impiegherà cinque generazioni per avere le stesse chance di un giovane che vive nel centro di Milano e proviene da una famiglia benestante.

Adesso si discute dell’Autonomia differenziata, il cosiddetto testo Calderoli, ministro storico della Lega che ha minacciato querele a chi lo accusa di spaccare l’Italia. Querele o meno, siccome l’Italia è già spaccata nella realtà, a prescindere dalle geografie e dalle narrazioni, bisognerà fare molta attenzione. Sarebbe un mondo triste quello in cui gli ultimi saranno sempre più ultimi e i primi sempre più primi. Altro che Bibbia!