Finanza e Risparmio

Acquisizioni e fusioni opportunità anche per le PMI

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di Paolo Cova

Nel 2022, secondo i dati di Boston Consulting Group, il valore delle acquisizioni e fusioni nel mondo è calato del 39% dopo il picco post Covid: 36.046 fusioni e acquisizioni per 2.622 miliardi di dollari (4.300 miliardi nel 2021). Cause: inflazione, rialzo dei tassi, incertezze geopolitiche, rallentamento dell’economia. In Italia invece il valore è più che raddoppiato (99 miliardi di dollari) anche se il dato, spiega  Edoardo Palmisani, managing director e partner di BCG, «è influenzato da alcune transazioni di dimensioni significative che da sole hanno rappresentato più del 50% del valore complessivo delle operazioni».

Restano tuttavia ottime ragioni per comprare e vendere: per esempio, la volontà di abbattere il debito, la necessità di adattare le catene di fornitura al contesto geopolitico, l’urgenza di migliorare il proprio profilo di sostenibilità. Soprattutto in Italia, anche per le PMI.

«In genere – spiega Antonio Quintino Chieffo, presidente di AC Finance – si pensa che acquisizioni e fusioni riguardino solo grandi gruppi. Perché nelle aziende sotto i 10 milioni di fatturato si ritiene di poter crescere solo aumentando vendite e clienti. Per un’azienda passare da 5 a 20 milioni di fatturato richiede tempo e risorse. In media dopo 10 anni si trova un equilibrio per stare sul mercato e non rischiare più di tanto. Ma per crescere ulteriormente e rapidamente in modo strutturale l’acquisizione o la fusione sono opportunità da non sottovalutare».

AC Finance è stata curatrice di una recente acquisizione: «Pendragon, una startup di strumenti medicali clinici, ha acquisito Avj Cosmetics, PMI che dal 2016 distribuisce sul mercato italiano due linee di prodotti per parrucchieri. Lo ha fatto per entrare in nuovi mercati per cui aveva i prodotti ma non rete distributiva e portafoglio clienti. La cultura del piccolo imprenditore può cambiare se pensa di poter utilizzare per crescere le plusvalenze frutto del post Covid».

Acquisizioni e fusioni, secondo Chieffo, possono servire anche a superare un ostacolo molto sentito nelle piccole e medie aziende italiane: quello del passaggio generazionale. «Il rischio è che un‘azienda chiuda se i discendenti del fondatore non sono interessati al business. Nei grandi gruppi il problema si risolve lasciando ai rampolli non interessati il ruolo di semplici azionisti». Non così nelle PMI.

«Un caso recente è quello di Meccanica Bpr di Verbania – racconta Chieffo – un’azienda del settore aerospaziale che produce microingranaggi. I manager intendevano subentrare ai titolari che non hanno mai allargato l’attività. Li abbiamo sostenuti nell’acquisto con un club deal (associazione di investitori, ndr). L’azienda (35 dipendenti), che fatturava 1,6 millioni di euro dopo 50 anni di attività, ora ne fattura 8. Se non fosse stata acquisita, avrebbe corso il rischio di chiusura e perdita del know how. Quando si acquisisce un’azienda si comprano prodotti, clienti, brand, posizione sul mercato ma anche errori passati. Ma risparmiando tutti i processi già attuati».