Finanza e Risparmio

L’inflazione riparte, i consumatori sono in allarme. Può rinviare il taglio dei tassi?

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Di Giorgio Marcata

Dopo la pausa di febbraio, l’inflazione mostra segnali di ripresa a marzo nei primi Paesi che hanno diffuso i dati; i consumatori lanciano l’allarme. Dobbiamo preoccuparci? La risalita potrebbe compromettere il tanto atteso calendario dei tagli ai tassi di interesse da parte della Banca centrale?

Calma e gesso: i dati vanno letti e capiti. Che i prezzi sarebbero tornati a salire, era abbastanza atteso un po’ dappertutto dagli analisti, non solo in Italia. Secondo le stime preliminari dell’Istat, in marzo l’indice nazionale dei prezzi al consumo per l’intera collettività (NIC), al lordo dei tabacchi, aumenta dello 0,1% su base mensile e dell’1,3% su base annua (rispetto al +0,8% di febbraio). Quanto all’inflazione core – quella che per gli economisti è la migliore per capire i trend di fondo: è meno volatile in quanto non considera settori facili a sbalzi come l’energia e gli alimentari – accelera da +2,3% a +2,4%, mentre quella al netto dei soli beni energetici decelera da +2,6% a +2,5%.

A marzo frena la dinamica su base annua dei prezzi del cosiddetto “carrello della spesa” (+3% da 3,7% di febbraio). I prezzi dei beni alimentari, per la cura della casa e della persona rallentano su base tendenziale (da +3,4% a +3,0%), come anche quelli dei prodotti ad alta frequenza d’acquisto (da +2,8% di febbraio a +2,7%). I prezzi dei prodotti alimentari non lavorati evidenziano anche a marzo un rallentamento (+2,6% da +4,4%). così i tabacchi (da +2,6% a +1,9%).

Frena la discesa dei prezzi dell’energia

Perché riparte la corsa dei prezzi? Si tratta di un rimbalzo, dopo la veloce discesa dei mesi scorsi. Che è legata sia alla politica ultra-restrittiva della Bce, che ha frenato l’economia e quindi raffreddato i prezzi; sia al calo dell’energia. Dopo la fiammata del 2022, il gas è tornato sui livelli minimi. E nei mesi scorsi il confronto con il corrispondente mese dell’anno prima – quelli che registravano i picchi energetici – era ultra-favorevole; con il passare del tempo quel confronto lo è diventato meno. «La lieve accelerazione risente dell’attenuarsi della flessione su base tendenziale dei prezzi dei beni energetici», spiega l’Istat. In estrema sintesi, i prezzi dell’energia continuano a calare, ma a un ritmo ridotto (-10,8% a marzo dal -17,3% di febbraio). Va segnalata inoltre l’accelerazione dei prezzi dei servizi relativi al trasporto (+4,4% da +3,8%).

L’inflazione acquisita per il 2024 è pari a +0,6% per l’indice generale e a +1,3% per la componente di fondo. Niente di preoccuparsi, dunque. Un rimbalzo del carovita preventivato, e anzi leggermente sotto le previsioni, anche perché in Italia l’inflazione era scesa troppo velocemente (più per il crollo dei consumi che per le misure anti-inflazionistiche varate dal governo).

Anche in Francia, ad esempio, in marzo l’inflazione è scesa più velocemente del previsto al 2,3% su base annua a marzo dopo il +3% di febbraio, raggiungendo il livello più basso dal luglio 2021; su base mensile l’inflazione ha registrato un aumento dello 0,2%, in frenata dal +0,9% di febbraio.

«Questo rallentamento sarebbe dovuto al leggero calo dei prezzi dell’energia, in particolare del gas e dei prodotti petroliferi»

rileva in un comunicato l’Istituto nazionale di statistica francese. Ancora, in Spagna sempre a marzo l’inflazione è stimata in aumento dello 0,8% su base mensile e del 3,2% su base annua.

Nessun effetto sulla linea della Bce

Questi dati non dovrebbero incidere sulla linea della Banca centrale europea per quanto riguarda i tagli ai tassi. Che non per nulla continua a restare prudente, e a basarsi solo sui numeri e non su pressioni o appelli delle imprese e delle famiglie in difficoltà: «Non siamo sicuri in modo sufficiente» del processo disinflazionistico in atto – ha detto la presidente Christine Lagarde al termine dell’ultima riunione del board, a inizio marzo – «sapremo di più ad aprile, ma ancora di più a giugno». Quindi anche nella prossima riunione della Bce il 7 aprile ci si aspetta una conferma dei tassi sui livelli attuali: 4,5%. Almeno per altri due mesi, visto che la riunione successiva sarà a giugno, il mese su cui tutte le previsioni concordano come inizio della stagione dei tagli. Come sempre, da Francoforte non arriva alcuna indicazione precisa sulla data di avvio dei tagli, men che meno sul numero e sull’entità. Anche perché la situazione dei prezzi in Europa è molto diversificata. L’inflazione generale in febbraio è scesa dal 2,8 al 2,6%, ancora lontana dal 2% che ha fissato l’Eurotower; quella core è al 3,1%; diversi Paesi sono ancora sopra il 5%.

L’allarme dei consumatori

La fiammata dei prezzi in marzo mette però in allarme le associazioni dei consumatori, che parlano di «stangata di Pasqua per le famiglie» a fronte di salari sempre quasi fermi, e temono una speculazione. Per il Codacons la risalita dell’inflazione è «un segnale preoccupante. I listini al dettaglio salgono in media del +1,3% su anno, a dimostrazione di come, al netto degli effetti dei beni energetici sul tasso di inflazione, i prezzi di tutti gli altri beni e servizi continuino ad aumentare senza sosta, seppur con ritmi diversi a seconda dei comparti. Ciò avviene nonostante negli ultimi due anni i listini siano saliti complessivamente del 13,8%, e in assenza di elementi che giustifichino i nuovi rincari. Al contrario i prezzi in Italia, dopo due anni di caro-vita, non solo non dovrebbero salire, ma dovrebbero iniziare una discesa che, purtroppo, ancora non si vede».

«Per una coppia con due figli, l’inflazione a +1,3% – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori – significa, nonostante il risparmio sulla voce abitazione ed elettricità pari a 318 euro, un aumento del costo della vita pari a 309 euro su base annua, dei quali ben 257 euro servono solo per far fronte ai rincari del 3,2% di cibo e bevande. Per una coppia con un figlio, la spesa aggiuntiva annua è pari a 259 euro, di cui 233 euro in più sono necessari per mangiare e bere. Per una famiglia media sono 185 euro per prodotti alimentari e bevande analcoliche. Il primato alle famiglie numerose con più di 3 figli con 339 euro, +305 soltanto per nutrirsi e dissetarsi».

Preoccupata anche Confesercenti, di fronte a un rientro dell’inflazione «più lungo del previsto». Per l’associazione sarà necessario «monitorare con attenzione le dinamiche dei prezzi per predisporre, eventualmente, con tempestività adeguati ammortizzatori per i bilanci familiari: non si arresta, infatti, l’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, confermato recentemente da più indicatori economici, che sono in difficolta».

Inflazione Usa sale al 2,5%, Powell cauto sui tassi

Tornando sul fronte macroeconomico, l’inflazione sale anche negli Stati Uniti: l’indice per gli acquisti di consumo personali (Pce) è cresciuto in febbraio dello 0,3%, un decimo meno delle attese del consensus, e del 2,5% su base annua, in linea con le stime; l’inflazione core è invece salita dello 0,3% su mese e del 2,8% su anno. Si tratta di fatto dell’indicatore che guida la Fed per valutare aggiustamenti della politica monetaria. Scomponendo il dato, emerge un forte rimbalzo per le spese per i consumi, salite a febbraio dello 0,8% contro lo 0,5% del consensus.

Il dato di febbraio negli Stati Uniti alimenta le speranze degli operatori sul fatto che la Fed possa procedere senza indugi sul fronte dei tassi. «E’ bello vedere qualcosa in linea con le nostre attese – ha ammesso il presidente della Federal Reserve, Jerome Powell – ma per tagliare i tassi ci servono altri buoni dati come quelli che abbiamo avuto nella seconda metà dell’anno scorso». La banca centrale americana rimane dunque cauta, dal momento che «l’economia è forte e il mercato del lavoro è solido», ha sottolineato Powell. Per il presidente è fondamentale trovare un equilibrio fra il rischio di tagliare troppo presto, che potrebbe portare a un nuovo balzo dell’inflazione, e quello di tagliare troppo tardi, che potrebbe recare danno non necessario all’economia.