Finanza e Risparmio

Pioggia di addii a Piazza Affari

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a cura di Mariarosaria Marchesano

Con l’opa di De Agostini su Dea Capital finalizzata al delisting, salgono a 21 quest’anno gli addii a Piazza Affari tra i quali si contano casi eccellenti come Exor (Agnelli-Elkann), Atlantia (Benetton) e il tentativo di Tod’s (Della Valle), per il momento non riuscito a causa della resistenza degli azionisti di minoranza.

Perché tante società si stanno delistando? Il fenomeno non è solo italiano, complice la contrazione dei prezzi che sui listini di tutto il mondo sta agevolando lo shopping di società quotate da parte di fondi di private equity e sta incentivando i riacquisti di quote sul mercato azionario da parte dei soci di controllo.

Questi ultimi sono spinti da due ragioni: o ambiscono ad avere mani libere per realizzare operazioni strategiche lontano dai riflettori della Borsa oppure ritengono che i costi di essere quotati siano superiori ai benefici.

Negli ultimi vent’anni, secondo uno studio del Politecnico di Milano e di Intermonte, su Borsa italiana si sono quotate 448 società e se ne sono cancellate 336. Il saldo, dunque, è positivo. Ma attenzione, perché se il calcolo lo si fa prendendo come parametro la capitalizzazione, vale a dire il valore di mercato si vede che c’è stata una progressiva e consistente perdita di peso del listino tricolore rispetto ai mercati finanziari globali perché a quotarsi negli ultimi anni sono state soprattutto aziende di piccola taglia, il che rappresenta un segnale positivo di dinamismo dell’imprenditoria nostrana ma è presto per dire se c’è un capitalismo familiare in erba che sta crescendo.

Il vero problema è che il tema di come rendere più attrattiva la quotazione per i gruppi medio-grandi resta irrisolto nonostante le semplificazioni normative introdotte di recente da Consob e Borsa italiana, con il risultato che Piazza Affari si sta progressivamente impoverendo.

L’unica speranza è che con il bonus quotazione che il governo Meloni ha confermato ci sarà una nuova ondata di Ipo sull’Egm nel 2023, ma questo non farà che ingrandire l’esercito delle piccole imprese che, almeno numericamente (ad oggi 182), sta per pareggiare le medio-grandi.