Finanza e Risparmio

Dietro PagoPA la grande battaglia sui pagamenti digitali tra Poste, banche e fintech

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Di Giorgio Marcata

Venti di tempesta sul settore dei pagamenti in Italia. Il progetto del governo di vendere PagoPA, la piattaforma per i pagamenti digitali verso la pubblica amministrazione oggi interamente posseduta dallo Stato, rischia di creare una guerra tra Poste Italiane – cui nei piani è destinata metà della società – e gli altri attori del comparto come banche, circuiti di pagamento e Fintech. Che si preparano a contrastare la creazione di un colosso dominante che minaccia di provocare squilibri sul mercato. Una vicenda che da giorni agita la politica e la finanza, e che è destinata a inasprirsi questa settimana con due appuntamenti molto attesi: mercoledì 20 marzo sono in programma sia l’esecutivo dell’Abi, l’associazione delle banche, sia un vertice di Poste Italiane per la presentazione del nuovo piano industriale.

Tutto origina dall’articolo 20 del Decreto legge Pnrr, che prevede la vendita della piattaforma per una quota non inferiore al 51% al Poligrafico dello Stato e per il restante 49% a Poste Italiane. Subito osteggiato dalle banche, che non hanno storicamente un buon rapporto con le Poste, società che di fatto offre una serie di servizi bancari e conta una diffusione territoriale unica in Italia. Oltretutto, anni fa era spuntato un progetto per trasformare la società di una banca a tutti gli effetti, poi non se n’è fatto nulla.

La denuncia al Parlamento

Dopo aver messo la questione in mano ai legali, che dovranno approfondire i risvolti dal punto di vista giuridico, l’Abi è uscita allo scoperto mettendo nero su bianco le sue contestazioni in un documento spedito al Parlamento, a cui chiede di modificare il decreto in sede di conversione. Oltre a lamentare scarsa trasparenza, la memoria evidenzia le criticità per le banche e gli altri intermediari obbligati a passare dalla piattaforma per le transazioni con la Pa, che negli ultimi anni ha raggiunto dimensioni ragguardevoli, con una crescita significativa del numero di transazioni (386 milioni nel 2023) e degli enti creditori coinvolti e prestatori di servizi di pagamento aderenti (ad oggi 409, di cui 400 banche).

Gli istituti di credito all’inizio erano restii, ma poi sono entrati, con investimenti impegnativi. Ora la cessione snatura il progetto, è la sintesi del documento: attribuire a Zecca Poligrafico dello Stato una partecipazione del 51% e a Poste Italiane fino al 49% nella società PagoPa

«Rischia di creare, sotto diversi profili, uno squilibrio competitivo ove si consideri che quest’ultima gestisce l’omonima Piattaforma PagoPa»

In questo modo, infatti, è probabile che

«Si possa configurare un controllo congiunto del nuovo PagoPa da parte di Istituto Poligrafico e Poste, sicché ciascuna di esse è potenzialmente in grado di esercitare un’influenza determinante sull’attività commerciale della nuova società, potendo giungere a impedire l’assunzione di decisioni attraverso l’esercizio di un diritto di veto»

Uno scenario pericoloso per gli altri prestatori di servizi di pagamento, oggi obbligati per legge a utilizzare la piattaforma PagoPA per incassare dalle pubbliche amministrazioni. Tra questi, si fa notare, figurano sia Poste Italiane; sia PostePay, istituto di moneta elettronica interamente controllato da Poste Italiane; sia ancora LISPay, istituto di moneta elettronica a sua volta interamente controllato da PostePay.

Poste italiane “pigliatutto”

Il gruppo postale dunque è già leader nel settore dei pagamenti, e sottolinea l’Abi:

«Il perfezionarsi dell’acquisizione da parte di Poste Italiane di parte del capitale di PagoPa avrebbe come conseguenza una rilevante alterazione dell’equilibrio competitivo rispetto agli altri prestatori di servizi di pagamento aderenti alla piattaforma»

potendo PostePay e LISPay, e in alcuni casi anche la controllante,

«Ledere la parità concorrenziale e beneficiare di un trattamento di favore in ragione della possibilità di Poste Italiane di influire sulle scelte della società PagoPa»

In altre parole, Poste Italiane concentrerà troppi ruoli: sarà contemporaneamente sia proprietario e gestore della “rete” che trasporta “servizi di pagamento Pa e altri enti” sia fornitore dei corrispondenti servizi di pagamento. Non è tutto: il nuovo assetto proprietario potrebbe incidere sulla politica dei costi, poiché oggi banche, istituti di pagamento e Poste Italiane (con le sue controllate) riconoscono a PagoPA delle commissioni per l’utilizzo della piattaforma, in funzione di determinati parametri e delle convenzioni negoziate.

Rischio concorrenza anche su polizze e bollette

Se il Parlamento approverà il testo così com’è oggi, avverte l’Abi, si rischia una situazione in cui la società guidata dall’ad Matteo Del Fante avrà

«Un’incidenza rilevante nella determinazione delle politiche di sviluppo dei sistemi di pagamento rivolti alla Pa o averne una conoscenza anticipata, a discapito degli altri operatori»

Il nuovo assetto potrebbe favorire le Poste rispetto ai concorrenti bancari anche in altri campi, a cominciare dal servizio di Tesoreria appaltato dagli enti pubblici. L’Abi lancia un allarme che va oltre i soli pagamenti, perché la società di recapiti potrebbe essere favorita «nella conoscenza di informazioni di mercato della clientela bancaria, degli istituti di pagamento e degli operatori gestori di pubblici servizi (dati quantitativi e comportamenti) grazie ai database gestiti da PagoPa e App IO». Va ricordato che tramite l’app IO in futuro sarà reso disponibile l’It Wallet pubblico: un contenitore digitale di documenti d’identità, patente di guida, tessera sanitaria. E «la disponibilità di informazioni può facilitare la realizzazione e vendita di servizi specializzati e personalizzati per cluster di clientela: ad esempio i servizi assicurativi o di interesse di altri operatori quali, ad esempio, quelli connessi all’energia elettrica e al gas».

In campo anche l’Antitrust

Sulla cessione di PagoPA, che si inserisce nel solco delle privatizzazioni previste dal governo per recuperare 20 miliardi di euro nel triennio 2024-2026, non sono mancate le polemiche politiche. E bisognerà vedere cosa dice la Banca d’Italia, deputata alla sorveglianza sui pagamenti. Intanto ha acceso un faro anche l’Antitrust, che ha rilevato «alcune criticità concorrenziali», soprattutto sulle modalità.  Come riporta la Repubblica, secondo l’Authority «in una prospettiva di garanzia del mercato e dei diritti degli operatori potenzialmente interessati, l’individuazione del cessionario della quota del 49% dovrebbe avvenire ad esito di un’asta competitiva o comunque di una procedura che valuti e metta a confronto più manifestazioni di interesse».

Anche le associazioni di consumatori hanno alzato la voce, denunciando l’eccesso di potere delle Poste. Nel quadro del piano Polis, è partita nei giorni scorsi la sperimentazione per il rinnovo e il rilascio dei passaporti negli uffici postali dei comuni con meno di 15mila abitanti. «Basta con i regali del Governo a Poste Italiane! – afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione Nazionale Consumatori – Dato che oramai Poste opera nel libero mercato per innumerevoli servizi, dalla luce al gas, dalla telefonia fissa a quella mobile, è evidente che ogni privilegio concesso dallo Stato, come quello di PagoPa o di poter rilasciare passaporti, crea un tornaconto a danno dei concorrenti».