Finanza e Risparmio

La febbre del factoring contagia anche le banche

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di Mariarosaria Marchesano

Molto spesso le aziende hanno bisogno di liquidità a breve termine, ma questo non vuol dire che sono in crisi. L’esigenza può, sì, nascere da problemi di liquidità nati in coda alle crisi che si sono susseguite dal 2020, ma accade anche che le aziende si trovino a dover far fronte a un boom di domanda dopo i lunghi mesi di frenata della produzione. E di fronte al crescente irrigidimento del credito bancario – tendenza cominciata nel quarto trimestre del 2022 e diventata più marcata nel 2023, a seguito della stretta monetaria messa in atto dalla Bce per combattere l’inflazione – stanno proliferando le soluzioni alternative per finanziare il capitale circolante che è fondamentale per garantire la continuità aziendale e per pianificare e sostenere le iniziative di sviluppo.

Factoring e Invoice trading sono le più diffuse, anche se negli ultimi tempi stanno proliferando vari tipi di servizi di credito anche personalizzati a supporto di quella che gli esperti chiamano la “supply chain finance” (compreso il Direct lending, che, però, è una modalità un po’ diversa perché si tratta di veri e propri prestiti a medio-lungo termine erogati non da banche ma da fondi d’investimento alternativi).

Il factoring è un grande classico (la società cede a operatori specializzati i propri crediti ottenendo liquidità senza dover attendere scadenze anche molto lunghe) ed ha raggiunto un volume d’affari a livello di sistema pari a 290 miliardi di euro, che, evidenzia Assifact,  può essere impiegato «nell’acquisto dei crediti generati dai progetti Pnrr con soluzioni in grado di accelerare la transizione Esg delle filiere produttive grazie al ruolo che ricopre il factoring di facilitatore finanziario nelle transazioni commerciali».

Insomma, l’industria del factoring è pronta a mettere a disposizione delle imprese oltre 40 miliardi in tre anni per supportare l’esecuzione del Piano nazionale di ripresa e resilienza. Numeri che potrebbero aumentare con interventi di semplificazione e digitalizzazione.

«Le aziende coinvolte nel Piano generano dei crediti di fornitura – spiega il segretario generale di Assifact, Alessandro Carretta  – E un supporto fondamentale può venire proprio dal factoring».

Tuttavia, questo strumento è solitamente più adatto alle esigenze delle imprese medio-grandi e meno di quelle piccole.

Così, parallelamente sta prendendo piede l’invoice trading: sempre di cessione di crediti si tratta ma l’operazione avviene in modo più snello e veloce tramite piattaforme digitali: in cambio si ottiene un anticipo sulla fattura.

Secondo l’ultimo rapporto del Polimi, questo è uno dei comparti a più alto tasso di crescita nella finanza alternativa per le Pmi e l’unico dove i volumi in Italia non sfigurano rispetto a quelli europei. E, come si rileva nel Position Paper di Italia Fintech, l’associazione che raggruppa le aziende del settore fintech, «soprattutto negli ultimi quattro anni, l’invoice trading si dimostra uno strumento utile in un sistema economico come quello italiano, caratterizzato da una miriade di fornitori (di solito Pmi) e da un numero più ridotto di clienti-buyer, di solito di maggiori dimensioni e con un miglior merito creditizio».

La cessione dei crediti su questi marketplace digitali consente, infatti, alle aziende cedenti di ottenere più credito sfruttando il merito di credito dei loro clienti.

Più in dettaglio, Italia Fintech spiega che le piattaforme di invoice trading permettono alle imprese di decidere in completa autonomia e con la massima flessibilità quando ricorrere alla cessione e quante e quali fatture cedere. Si tratta di un servizio molto diverso da quello del factoring, che tipicamente prevede la cessione di pacchetti omogenei di crediti commerciali (se non addirittura la loro interezza) e può includere clausole di divieto di cessione ad altri cessionari. Infine, i costi per l’invoice trading sono legati alle commissioni di servizio, mentre per il factoring dipendono da un tasso di interesse sugli importi erogati, che si va a sommare a spese fisse e commissioni (a volte) variabili.

La diffusione e il consolidamento di factoring e invoice trading è testimoniata anche dal fatto che sono sempre di più le banche – tradizionali e digitali – che investono su questi strumenti con l’obiettivo di ampliare la propria offerta di credito alle Pmi.

Illimity, Banca Progetto e AideXa sono tra le banche più dinamiche sul mercato avendo messo a frutto l’esperienza di essere nati come operatori digitali e specializzati proprio nelle piccole e medie imprese. Così anche Banca Sistema e Credimi, inserite sulla stessa scia.

Ma anche le banche tradizionali stanno dedicando intere divisioni  al finanziamento del capitale circolante, come ha fatto di recente, per esempio, Bper, con la creazione di piattaforme icloud, o Banco Bpm con il portale Youfactoring.

Alcune altre iniziative, come quella avviata dalla società pubblica Sace durante la pandemia e successivamente con la guerra in Ucraina (Garanzia Italia Factoring e Garanzia Supportitalia) stanno poi assumendo i connotati di strumenti stabili di garanzia alle operazioni di factoring facendone aumentare la fiducia in questo canale di finanziamento.