Finanza e Risparmio

Per le piccole imprese Borsa senza appeal: Milano cenerentola

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di Mariarosaria Marchesano

Nonostante la sua grande dinamicità, il mercato azionario di Euronext growth Milan, vale a dire il segmento di Borsa italiana dedicato alle Pmi con elevato potenziale di crescita, fa fatica a reggere il confronto internazionale. Rispetto, infatti, a Euronext growth Parigi, ha il 28 per cento in meno di società quotate e il 57 per cento in meno in termini di capitalizzazione. E rispetto al gemello britannico, il gap è ancora più marcato: meno 76 per cento di aziende sul listino e meno 91 per cento di capitalizzazione. Insomma, l’Egm resta la Cenerentola d’Europa pur essendo in costante crescita.

Il dato emerge dall’ultimo osservatorio di Irtop Consulting, fondato e guidato da Anna Lambiase, secondo la quale è necessario mettere in campo vari tipi di interventi per permettere al mercato Egm italiano di competere realmente con le principali piazze internazionali.

«Le Pmi – afferma – sono un bene prezioso del nostro Paese che la finanza alternativa deve sostenere per alimentare un mercato dei capitali che risponda alle esigenze di crescita e innovazione alla base del vantaggio competitivo europeo».

Attualmente molte attese sono riposte nel Ddl Capitali che punta ad aumentare l’attrattività del mercato borsistico italiano in attuazione del Libro Verde del Mef elaborato ai tempi del governo Draghi: i principali pilastri della riforma riguardano la governance, la semplificazione del processo di quotazione, l’ampliamento della base investitori e l’educazione finanziaria. Il provvedimento, però, non ha ancora terminato l’iter parlamentare poiché il dibattito si è catalizzato intorno alla questione del voto plurimo su cui la Consob, presieduta da Paolo Savona, ha espresso qualche dubbio.

Ma ci sono anche altri elementi su cui lavorare, spiega Lambiase, come rendere strutturale il bonus Ipo (mantenendo il tetto medio del contributo a 500mila euro) e cercare di diffondere la cultura dell’equity tra le Pmi anche nelle regioni del sud, coinvolgendo nuovi investitori di medio e lungo termine, quali casse e assicurazioni, e incentivando le imprese ad abbracciare un modello di sostenibilità fin dalla fase della quotazione in modo da attrarre maggiore liquidità.

L’Egm, comunque, si conferma il principale canale di raccolta di capitali per la crescita delle Pmi: dal 2009 ad oggi ha visto la quotazione di 282 società con una raccolta in fase di ipo che è stata pari a 5,8 miliardi di euro, segno di una evoluzione culturale a favore dell’equity che sta interessando tutti i settori. In 15 anni scarsi, l’Egm, che un tempo si chiamava Aim, ha corso tanto diventando il principale driver di crescita di Piazza Affari, che nel frattempo ha perso attrattività per le “big”. Con 27 società emigrate al listino principale oppure allo Star, portandosi dietro una capitalizzazione di 6,4 miliardi, e dopo qualche decina di delisting, attualmente l’Egm conta 193 società quotate che, secondo una stima di Irtop, diventeranno 215 a fine 2023 per una capitalizzazione stimata di 12,8 miliardi di euro.

«La comparazione con le principali Borse europee fa emergere la necessità di dare impulso alle quotazioni in Italia e considerato l’elevato numero di Pmi nel tessuto imprenditoriale italiano, l’Egm ha sicuramente le potenzialità per raggiungere le dimensioni degli omologhi mercati francese e britannico», osserva Lambiase. In effetti, secondo le stime di Banca d’Italia sono circa 2.800 le piccole e medie aziende con caratteristiche ampiamente idonee alla quotazione. «L’equity gap delle Pmi Italiane si traduce in un ridotto livello di patrimonializzazione, una forte dipendenza dal canale bancario e una forte incidenza dell’indebitamento a breve termine – sottolinea ancora Lambiase – La finanza può seguire il ciclo di vita di una società e il suo percorso di crescita, concretizzando una politica efficace per aumentarne la competitività industriale».

Un aspetto interessante è che sono più gli investitori stranieri che quelli italiani a credere nelle potenzialità di crescita in Borsa delle Pmi italiane. Nell’azionariato delle quotate sull’Egm, infatti, sono presenti 132 investitori istituzionali, di cui 23 nazionali (17 per cento) e 109 esteri (83 per cento), con Francia e Svizzera a fare la parte del leone. E considerando le performance delle prime venti società – con casi in cui hanno raddoppiato, triplicato e addirittura decuplicato il valore di mercato – ci hanno visto giusto.