Finanza e Risparmio

Rebus liquidità, meno cash sui conti

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di Mariarosaria Marchesano

Se c’è un dato che dimostra quanto ancora ci sia da lavorare per migliorare il livello delle conoscenze finanziarie degli italiani è quello emerso dal rapporto Censis-Assogestioni presentato al Salone del Risparmio: il 37,4 per cento degli interpellati pensa che gli investimenti remunerativi siano dovuti solo al caso, che i rendimenti dipendano dalla fortuna.

Ad essere così fatalisti non sono solo coloro che hanno un basso titolo di studio (43,9 per cento), ma anche il 39,2 per cento dei diplomati e il 32,5 per cento dei laureati.

«L’irrazionale nel rapporto col risparmio e con gli investimenti è ancora molto diffuso», spiega il rapporto, aggiungendo che per tanti investire è esattamente come giocare al superenalotto: contano solo il caso e la buona sorte.

Il 46,6 per cento di chi non possiede adeguate competenze finanziarie pensa che i buoni investimenti dipendono dalla fortuna, ma anche il 30,8 per cento di chi dichiara di essere competente in materia pensa che l’esito dipenda dalla sorte. Ma non è finita perché ci sono anche altri aspetti da cui si vede che l’educazione finanziaria in Italia ha molta strada davanti.

Il 40,9 per cento, sempre secondo la ricerca Assogestioni-Censis, non comprende l’effetto dell’inflazione sul potere d’acquisto, mentre il 47,8 per cento ignora le ripercussioni del tasso d’interesse sui prestiti bancari e il 41,6 per cento non sa distinguere (ancora oggi) la differenza tra azioni e obbligazioni.

Incrociando questi dati con i precedenti, si capisce anche meglio perché tante persone pensino che sia la fortuna a determinare il successo degli investimenti.

L’ignoranza finanziaria, però, non è un innocuo fenomeno folkloristico, perché come spiega il rapporto, «la presunzione di sapere espone al rischio di fare scelte sbagliate». Oltre il 40 per cento di chi è convinto di possedere adeguate conoscenze finanziarie ha sperimentato perdite sui propri investimenti rispetto al 30 per cento di chi pensa di non avere adeguate conoscenze in materia.

«L’eccesso di fiducia nelle proprie competenze porta ad abbassare la guardia e ad esporsi di più». E lo dimostra il fatto che tra chi pensa di possedere ottime o buone conoscenze finanziarie, oltre il 14 per cento è pronto a prendersi alti rischi per ottenere subito rendimenti elevati rispetto all’8 per cento di coloro che si sentono più ignoranti.

In questo quadro si inserisce la tendenza alla riduzione del contante nel portafoglio delle attività finanziarie delle famiglie italiane.

Dalla ricerca Censis-Assogestioni, infatti, emerge che i depositi sui conti correnti sono diminuiti nel 2022 di 20 miliardi (-1,6 per cento) rispetto all’anno precedente, che aveva visto un forte incremento per effetto della pandemia. E la tendenza che si sta accentuando. Nel mese di marzo 2023, infatti, il valore dei depositi risulta ridotto del 6,1 per cento rispetto allo stesso mese del 2022.

L’inflazione ha ridotto l’attrattività del contante, che nei dieci anni precedenti era aumentato complessivamente di 470 miliardi. «Oggi quattro risparmiatori su dieci dichiarano che nell’ultimo anno, a causa della fiammata dei prezzi, hanno cambiato idea su come impiegare i risparmi. Il 33 per cento dei consulenti finanziari ha registrato in corso d’anno una più alta propensione dei propri clienti a liberarsi della liquidità accumulata».

Morale della favola, l’intenzione di riallocare il cash in portafoglio apre una stagione di decisione sul risparmio degli italiani, ma le competenze dei risparmiatori sui risparmi sono molto deboli rendendo incerto l’esito di questo processo. In parole povere, se c’è un’elevata quota della popolazione che oltre a essere ignorante è anche presuntuosa il rischio di andare incontro a perdite dalla riallocazione della liquidità è elevato.

Quello che non dice il rapporto Censis-Assogestioni è come affrontare questa fase, magari collocando prodotti semplici da comprendere e vicini alle esigenze del retail.

L’impressione è che l’industria del risparmio gestito sia molto consapevole della situazione e dei relativi rischi ma che poi faccia fatica a proporre soluzioni concrete.

Intanto, il governo continua a proporre titoli di stato con rendimenti allettanti. E lo dimostra la prossima emissione del BTp Valore, i cui dettagli sono attesi i primi di giugno. Senza commissioni e con fiscalità agevolata. Una strategia che pone i BTp in concorrenza con i prodotti di risparmio come polizze e fondi su cui gravano le commissioni più elevate d’Europa.

La diversificazione è sempre la strada migliore, naturalmente, ma conoscendo la storica passione degli italiani per i titoli di stato è facile prevedere dove andrà la liquidità in eccesso.