Inchieste

A micro e Pmi piacciono i fondi interprofessionali

Scritto il

di Alessandro Luongo

Sempre più apprezzati dalle Pmi sono i fondi interprofessionali, enti di natura privatistica costituiti dalle parti sociali e istituiti a seguito dell’emanazione della legge 388/2000, che consente alle imprese di destinare a essi il contributo obbligatorio contro la disoccupazione involontaria, vale a dire, lo 0,30% del monte salari di ciascun lavoratore.

Nell’ambito delle politiche attive del lavoro, essi promuovono così la formazione continua e finanziano i progetti formativi presentati dalle aziende aderenti per i propri lavoratori.

«Grazie al know-how acquisito in oltre 20 anni di esperienza con il nostro target più rappresentativo, abbiamo costruito un’offerta formativa che tiene conto in particolare delle esigenze delle micro e Pmi – spiega Marco Balzola, responsabile area promozione Fondartigianato, il primo fondo interprofessionale costituito in Italia nel 2001 e che conta su 150mila aziende aderenti – Difatti mettiamo a disposizione linee di finanziamento e strumenti pensati con l’obiettivo di soddisfare gli specifici fabbisogni formativi di questo segmento del tessuto produttivo, anche nella consapevolezza che il piccolo imprenditore ha particolari difficoltà nel bilanciare l’acquisizione di nuove competenze con il presidio del proprio ciclo produttivo».

Una realtà agile e collaborativa, dunque, «inclusiva e vicino alle imprese, alle quali rispondiamo in maniera diretta o per il tramite di enti di formazione da loro individuati».

Cosa è cambiato con l’avvento delle nuove tecnologie? «Negli ultimi anni, con l’avvento di tutte quelle innovazioni in campo tecnologico che stanno rivoluzionando le opportunità in ambito imprenditoriale e lavorativo, abbiamo assistito alla nascita di nuove professioni e all’implementazione di strumenti sempre più performanti a disposizione delle filiere produttive. L’artigiano 4.0 si inserisce inevitabilmente in questo contesto di crescente innovazione, con la peculiarità di dover coniugare il futuro con la tradizione da sempre caratterizza la professionalità questo settore.

Grazie alla stampa 3D, alla robotica, al digital marketing, e al valore ricavato dall’analisi dei Big Data, figure eterogenee – dal falegname all’idraulico, al professionista dell’edilizia – possono evolversi raggiungendo performance e volumi di attività impensabili anche solo pochi anni fa».

Formazione anche per i manager

«Chiariamo subito che le tecnologie sono uno strumento per rendere più diffuse le competenze manageriali e allargare la platea, ma non il fine. È fondamentale, però, che il formatore sappia usarle».

Mauro Meda, segretario generale di Asfor, Associazione italiana per la formazione manageriale, spiega che nel 2020, causa pandemia, le business school e le corporate academy sono riuscite a gestire la necessità di passare da un’attività in presenza a un’altra a distanza, perché all’interno delle proprie facoltà avevano le competenze di natura didattica e metodologica in grado di portare la formazione sulle piattaforme tecnologiche, «ma l’aula rimarrà un punto centrale per la formazione manageriale. Certo, è un’aula diversa rispetto al passato, con un forte valore aggiunto. Il manager, infatti, prima di arrivarci, e di avvicinarsi ad essa, dovrà aver avuto la possibilità di prepararsi a distanza con il materiale adeguato, con ricerche, un manuale da scaricare, magari. A quel punto vorrà incontrare i suoi simili, altri manager, e discutere con il docente casi concreti, in una sorta di laboratorio».

Un percorso ibrido, dunque, che prevede una formazione a distanza e un’attività di ricerca fra diversi partecipanti, che presentano insieme i casi da loro elaborati.

Cambia anche il modo di fare docenza. «In un’aula tradizionale – riprende Meda – io vedo tutti i manager, li coinvolgo in maniera naturale, immediata. A distanza, invece, in un’aula “asincrona” devo avere un approccio quasi pedagogico, coinvolgere e catturare l’attenzione nel miglior modo possibile, progettando un percorso adeguato, anche nel linguaggio». Le business school e le corporate academy in questo sono agevolate, ripeto, perché del tutto in grado di gestire le attività in aula e online. «Ormai il messaggio è che le tecnologie sono una commodity e il formatore dovrà dare valore aggiunto ai vari passaggi, cogliere le specificità, essere sempre più attento alle analisi dei bisogni delle imprese».

Le nuove tecnologie rappresentano dunque un’opportunità per la formazione manageriale, «ma occorre avere una strategia per gestire la transizione digitale, non averne paura e considerarle come strumento di innovazione non come sostituzione della formazione tradizionale». Al contempo le classi online si stabilizzeranno su temi tecnici e specialistici. Ad esempio, «la formazione obbligatoria sulla sicurezza resterà a distanza, perché ormai la qualità della progettazione è più alta, e il formatore sa coniugare la metodologia di base con l’utilizzo di una piattaforma tecnologica».