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Usato il 100% delle risorse Ue, la Lombardia corre anche in Europa. Ma resta il nodo del credito alle imprese

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Nel paradosso già raccontato dal Settimanale secondo il quale ai numeri lusinghieri sulla disoccupazione (ferma al 7,2%, il miglior risultato da dicembre 2008) non corrisponde una relativa crescita dell’economia italiana, si confermano il ruolo della Lombardia come locomotiva produttiva del Paese e la sua eccezione al paradosso di cui sopra.

Il mercato del lavoro nazionale premia la regione guidata da Attilio Fontana, che secondo il report 2023 dell’Osservatorio Infojobs – la principale piattaforma online per la ricerca di lavoro che ha pubblicato oltre 340mila richieste – è quella in cui si è concentrato il maggior numero di offerte da parte delle aziende: 106mila, equivalenti al 31,3% del totale italiano.

Quasi doppiata la seconda classificata, l’Emilia-Romagna ferma al 17,1%, mentre il Veneto sale sul terzo gradino del podio con il 13,1%. Milano primeggia con il 36,8% delle offerte complessive, seguita da Brescia e Bergamo. Anche i profili richiesti testimoniano l’ampio ventaglio di possibilità che la Lombardia mette a disposizione: le cinque mansioni più ricercate sono magazziniere, addetto alle vendite, agente di commercio, operaio di produzione e addetto al back office. In crescita anche le figure legate ai settori farmaceutico, turismo e ristorazione.

Un mercato del lavoro in continuo fermento, quello lombardo, che si riflette anche sulla produttività complessiva del tessuto industriale: gli Stati Generali sul Patto per lo Sviluppo – nome completo: Patto per lo Sviluppo dell’economia, del lavoro, della qualità e della coesione sociale, sottoscritto il 19 settembre 2001 tra Regione e i partner economico-sociali – certificano e ribadiscono alcuni primati della più popolosa regione italiana.

Con un valore aggiunto nel 2019 di 80,4 miliardi di euro la Lombardia è di fatto la prima regione industriale in Europa secondo la classificazione NUTS (Nomenclatura delle Unità Territoriali per la Statistica) dell’Ue; dietro di lei, le regioni tedesche di Stoccarda, lander del Baden Wuttemberg, e dell’Oberbayern, Baviera.

Il confronto sul Patto per lo Sviluppo ha avuto come focus le risorse europee messe a disposizione da Bruxelles tra il 2014 e il 2020: la Lombardia ha rendicontato il 100% degli stanziamenti, tutti immessi sul territorio. Il vicepresidente della giunta Marco Alparone è soddisfatto:

«Ora ci aspetta una stagione ancora più importante, quella dal 2021 al 2027, che mette in campo più di 4,4 miliardi di risorse europee. L’obiettivo è di utilizzarle tutte per la riduzione dei divari territoriali, per l’innovazione delle nostre imprese, per la digitalizzazione, per la sostenibilità ambientale»

In questo quadro, la Lombardia si conferma attore fondamentale nella composizione del Pil europeo e tramite l’assessore allo sviluppo economico Guido Guidesi chiede ascolto e avanza proposte per il sostegno a tutto il proprio sistema economico:

«Siamo la prima regione d’Europa nel settore manifatturiero e vogliamo continuare ad esserlo. Le imprese lombarde si sono già attrezzate per affrontare lo stallo economico verificatosi dopo l’espansione post pandemica. Abbiamo il problema delle influenze esterne, a volte paradossali. Questo perché, da un lato, l’Europa ci chiede di raggiungere degli obiettivi che noi condividiamo e su cui vogliamo essere protagonisti, ma, dall’altro, rende complicato l’accesso al credito, che è centrale per raggiungere questi risultati»

Gli obiettivi europei, spiega Guidesi, si raggiungono con gli investimenti:

«Abbiamo bisogno di investire e, per investire, le nostre imprese hanno bisogno di liquidità. Tuttavia, la stessa Europa, in particolare un’istituzione europea qual è la Bce, attua una politica monetaria che rende inaccessibile il credito alle aziende per favorire tali investimenti. Per questo motivo abbiamo procrastinato gli investimenti, cosa che non possiamo permetterci. Questo è uno dei tanti paradossi europei che va risolto»

Occhi puntati dunque sulle prossime decisioni di Christine Lagarde e soci: tutti gli analisti concordano che nella riunione di marzo il Consiglio Direttivo della Banca Centrale Europea manterrà invariati i tassi di interesse e ribadirà la sua posizione di dipendenza dai dati. Secondo le previsioni più diffuse – pronte, peraltro, a essere smentite – i tagli cominceranno verso l’estate e saranno non più di tre nel corso dell’intero 2024.