Inchieste

Allarme dell’Ance: «Interventi in ritardo, il 66% ancora sulla carta»

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di Giorgio Costa

Tra i maggiori elementi di difficoltà per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) spicca il forte rincaro dei principali materiali da costruzione, unito all’allarmante crisi energetica, che ha prodotto un’ulteriore stangata del 35% sui costi dei cantieri. Così come è indispensabile anche uno scatto in avanti sul fronte della capacità amministrativa degli enti territoriali, chiamati a uno sforzo senza precedenti per provvedere alla progettazione delle opere e alla pubblicazione dei bandi. “Una nostra indagine presso le amministrazioni locali ha messo in luce proprio questa difficoltà: il 66% degli interventi finanziati con il Pnrr è ancora allo stato progettuale preliminare”. Che non manchino le criticità nel Piano lo dice in maniera chiara Federica Brancaccio, presidente dell’Ance, l’associazione nazionale dei costruttori edili. Che sta chiedendo interventi anche sulla normativa che disciplina gli appalti pubblici.

Per quanto attiene in generale al settore dei lavori pubblici, il decreto legge 68/2022, il cosiddetto Decreto Mims, poteva essere l’occasione per risolvere talune criticità presenti nell’ordinamento. Ad esempio, come è stato evidenziato nell’audizione informale dell’Ance presso la Commissione Lavori pubblici del Senato sul disegno di legge di conversione del DL n.68/2022, l’articolo 48 del DL 77/2021 prevede che le stazioni appaltanti possano ricorrere alla procedura negoziata senza previa pubblicazione del bando di gara quando ciò è necessario per la realizzazione degli obiettivi o il rispetto dei tempi di attuazione del Pnrr o del Pnc (il Piano nazionale degli investimenti complementari al Pnrr). La norma, dunque, consente l’utilizzo di una procedura a concorrenza fortemente ridotta, qual è la procedura negoziata, non al ricorrere di presupposti oggettivi (come vorrebbe la normativa europea) bensì rimettendo tale scelta ad una valutazione soggettiva della stazione appaltante.

Inoltre, gli avvisi attraverso cui le stazioni appaltanti devono dare evidenza dell’avvio delle procedure continuano ad avere una finalità di mera trasparenza, e non di piena pubblicità, come auspicato dall’Ance. Ciò rischia di determinare un grave danno al mercato. L’assenza, infatti, di una piena pubblicità delle procedure rende assai difficile – se non impossibile – la partecipazione in raggruppamenti temporanei d’impresa, ossia di uno strumento chiave per la crescita delle Mpmi (acronimo che contraddistingue micro, piccole e medie imprese). Soprattutto considerando che negli ultimi anni vi è stato un significativo aumento delle soglie per il ricorso a procedure negoziate (per il 37,1% nel 2021, a fronte del 18,5% delle procedure aperte). Pertanto, il Dl poteva rappresentare l’occasione per introdurre una modifica alla normativa citata, che stabilisca che i predetti avvisi debbano essere tempestivamente e preventivamente pubblicati sui siti istituzionali delle stazioni appaltanti, in modo da consentire alle imprese interessate di poter manifestare preventivamente il loro interesse a essere invitate, come operatore singolo o in raggruppamento.

”Purtroppo – spiega ancora Brancaccio – quelle criticità non sono state superate. Per risolvere gli aspetti problematici della norma sarebbe stato necessario un intervento volto a ribadire espressamente la possibilità, per gli operatori economici, di manifestare interesse a essere invitati alla procedura. L’introduzione di tale precisazione, infatti, avrebbe garantito la più ampia partecipazione degli operatori economici, nonché il ricorso all’istituto dei raggruppamenti temporanei d’impresa”.

Inoltre, sempre al fine di favorire l’accesso al mercato da parte delle Mpmi, occorrerebbe procedere alla suddivisione degli appalti in lotti anche su base quantitativa, così da garantire la massima partecipazione e la tutela del mercato, da tradurre in apposito precetto normativo. Ciò anche nel caso di affidamento di opere ccosiddette “a rete” e lavori di manutenzione, di importo più rilevante (sopra-soglia). In caso contrario, infatti, il rischio è che per tale tipologia di appalti il valore dei lotti – prestazionali e funzionali – sia tale da non consentire la massima partecipazione degli operatori del mercato, penalizzando le Mpmi