Inchieste

Dipendenti più felici: vantaggi per tutti

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di Paola Stringa

Il lavoro flessibile è da sempre alla base dell’assioma work life balance. Quello che oggi chiamiamo lavoro smart, o da remoto, prima del Covid rappresentava già per alcune aziende una formula più o meno sperimentale di adattamento alle nuove esigenze dei lavoratori e dei tempi delle città. I vantaggi a introdurre, attraverso lo smart working, spazi per facilitare la conciliazione vita e lavoro, con il supporto delle attuali soluzioni tecnologiche, sono oggi misurabili su varie dimensioni, sia individuali che aziendali. Se quello della Great Resignation è un fenomeno destinato a non arrestarsi, attrarre dipendenti o trattenerli richiederà sempre di più alle imprese di abbracciare un nuovo modello, quello del benessere. Che ha a che fare con un’organizzazione del lavoro ibrida e con delle leve che, fino a pochi anni fa, ci sembravano irrilevanti e ora sono diventate centrali.

«Il wellbeing diventa una strategia di responsabilità sociale d’impresa che crea valore», spiega Emanuele Aloise, corporate solutions manager di Fitprime, startup che si occupa di servizi innovativi di welfare per le aziende. I vantaggi del wellbeing per le imprese e per i dipendenti sono diversi, dalla fiscalità all’aumento di produttività. «Il primo vantaggio è di tipo fiscale – sottolinea – Il welfare è di fatto una forma di retribuzione detassata per l’azienda, che incide sul potere di acquisto del dipendente. La deducibilità sugli importi erogati sotto forma di welfare è del 100% entro la soglia fissata per i fringe benefit (3mila euro nel 2022). La deducibilità è integrale anche per tutti i consumi che hanno le finalità riportate nell’art. 100 TUIR ovvero viaggi, palestre, abbonamenti a teatri e cinema, istruzione, in presenza di un accordo o regolamento aziendale. Anche per il dipendente, gli importi sono detassati: non entrano nel reddito per cui non vi pagherà né Irpef, né contributi».

In realtà, oltre alla leva fiscale, gli interventi di wellness aziendale sono per le organizzazioni anche generatori di ritorni sull’investimento (ROI) secondo uno studio sviluppato da PWC in collaborazione con il Centro Studi ADAPT. La ricerca stima che per ogni dollaro speso nell’implementazione di una azione di wellbeing si assiste in media a un beneficio di 2,30 dollari per l’organizzazione. «Questi benefici derivano proprio dall’aumento della produttività che si ottiene attraverso la riduzione dell’assenteismo, oltre che con un miglioramento della capacità di attrazione e fidelizzazione dei dipendenti e quindi, con la realizzazione di un vantaggio competitivo e strategico» conclude Aloise.

Secondo l’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, la capacità delle aziende di trattenere le persone è diminuita nel post Covid (37% dichiara di essere in difficoltà) così come quella di attrarre talenti sia da territori non limitrofi (39%) sia da territori limitrofi (37%) e diminuisce la quota di lavoratori che si dicono “ingaggiati” nell’azienda (il 16% in meno sul 2020).

«I dati ci stanno dicendo che la cultura del lavoro è cambiata. Il lavoro è una parte della vita, non più la parte centrale», ci spiega Gianmarco Pinto, psicologo del lavoro e fondatore di Game2Value, la startup che supporta le aziende nel recruiting attraverso una piattaforma di videogame assessment e un approccio basato sulla psicometria. «Noi utilizziamo l’algoritmo psicometrico nella selezione perché osserva anche il fitting culturale del candidato e lo confrontiamo con i bisogni dell’azienda. La coerenza, oggi, è ciò che fa la differenza», racconta. «Le organizzazioni non possono più fare leva su solidità e retribuzione ma allineamento ai valori e qualità del lavoro. Lo smart working, in questo senso, è un cambio di paradigma, ma occorrono capacità di contestualizzare e soluzioni in linea con la cultura Paese e con la singola cultura aziendale».

I vantaggi dello SW sono anche ambientali. Lo ha misurato una recente ricerca di Enea che ha studiato l’impatto del lavoro agile in 4 città italiane: Roma, Torino, Bologna e Trento. Il lavoro a distanza permette di evitare l’emissione di circa 600 chilogrammi di anidride carbonica per lavoratore, risparmiando 150 ore di tempo e oltre 200 litri di carburante. «Lo smart working è stato una leva e andrebbe sviluppato verso un modello virtuoso di sostenibilità e accompagnato con le giuste policy affinché il sistema si riorganizzi», spiega la ricercatrice Enea Roberta Roberto. «Svincolare gli orari di picco e i giorni di lavoro dovrebbe alleviare la congestione delle nostre città».