Inchieste

Formazione on the job, porte aperte ai talenti

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di Paola Stringa

La formazione on the job, ossia sul posto stesso di lavoro, offre diversi vantaggi per i dipendenti: maggior coinvolgimento del lavoratore, con più interesse per l’apprendimento; training più efficace, vista la riduzione del divario tra esperienza formativa e realtà lavorativa; team building grazie all’integrazione tra dipendenti, colleghi e supervisori. Ma al tempo stesso offre vantaggi per le aziende: apprendimento mirato, minori costi, riduzione del turnover e maggior produttività, visto che le imprese non devono distogliere i dipendenti dal loro lavoro quotidiano).

L’engagement e la valorizzazione del percorso professionale, ma anche l’adattamento alla trasformazione digitale, sono alcuni dei molteplici driver che spingono sempre più imprese, a mettere in campo iniziative di formazione attraverso fornitori esterni, oppure formalizzando delle vere e proprie academy. Soprattutto per i neoassunti, la formazione on the job rappresenta una forma di apprendimento che ne favorisce l’inserimento nel contesto aziendale.

Italmondo, attiva nella logistica integrata e nei trasporti nazionali e internazionali, ha deciso di consolidare l’impegno nella formazione dei dipendenti, dando il via dll’ITLM Academy dedicata proprio agli under 35, un progetto appena nato per valorizzare il percorso professionale delle risorse più giovani. Una formazione propedeutica (comunicazione efficace level-up, gestione degli stati emotivi), si abbina con una più specifica per le varie divisioni e con momenti di team building. Tra i moduli offerti ai dipendenti figurano corsi sul web marketing e sul social selling, gestione dello stress, organizzazione e lavoro smart, problem solving. Grande attenzione è rivolta alla formazione di Product Owner & Scrum Master all’interno della divisione IT.

Anche Eos Solutions, gruppo operante nel settore dell’IT, primo partner italiano di Microsoft, punta sulla formazione per i neoassunti con la sua Eos Academy, un percorso che unisce teoria e pratica e apre le porte dell’azienda ai giovani talenti. «Si basa su cinque settimane di immersione totale ed offre una formazione che unisce aspetti teorici e pratici, comprese competenze tecniche, hard skills, sui nostri prodotti tecnologici avanzati.

I neoassunti vengono così formati da chi ha forti competenze in ambiti tecnologici – racconta Stefania Testini, direttore marketing Eos – Abbiamo due anime nella nostra formazione, oltre alla Eos Academy, la seconda è la Eos Customer Academy: pensata per i nostri clienti, ovvero le Pmi italiane operative nel settore del manufacturing, è stata lanciata a settembre 2022 per formalizzare i corsi che già erogavamo e per cambiare formula. È costituita da percorsi formativi dedicati a quattro figure professionali: direttore finanziario, direttore operativo, vendite e marketing e sistemi informativi ed è organizzato con video pillole, corsi in aula, webinar, e autoformazione post webinar per una formazione continua anche asincrona».

Più che il saper fare, conta saper essere al passo con il nuovo

La digital transformation sta cambiando i modelli di lavoro, i processi interni alle aziende e le relazioni professionali. In un mondo nel quale conta sempre di più il saper essere al passo con il cambiamento, piuttosto che il saper fare, la formazione continua è sempre più soft skill driven.

Competenze quali l’autonomia nell’operare senza perdere di vista le priorità, la capacità di adattamento ai contesti, l’abilità nel guidare un gruppo e nel reperire informazioni, l’attitudine al problem solving e all’aggiornamento, sono sempre più rilevanti, al di là delle skill che ci sono richieste nell’utilizzo delle tecnologie dal manufacturing ai servizi.

«Non basta l’intelligenza digitale, serve la saggezza umana. E occorre saperle coniugare» ha spiegato Alec Ross, futurista ed esperto di politiche tecnologiche, che Il Settimanale ha incontrato al Brixia Forum di Brescia, in occasione di ‘Tomorrow Together’, organizzato da Eos Digital Factory in collaborazione con Microsoft.

«Le aziende possono essere punti di riferimento per l’innovazione e la transizione senza aspettare i tempi della politica – ha sottolineato – ma inclusione e diversità, devono costituire i driver con cui adottiamo l’innovazione tecnologica. L’Italia è stata la culla dell’invenzione, della creatività e dell’innovazione e, in questo momento, abbiamo quanto mai bisogno di un’innovazione che colleghi umanesimo e sviluppo scientifico, perciò sono ottimista. Bisogna però creare spazio per i giovani. E, non ultimo, creare spazio per sbagliare, senza paura”.

Il 65% degli studenti farà un mestiere che oggi non esiste (dati WEF) ma ci si può preparare alle future sfide del lavoro, allenandosi a competenze che saranno ricercate, come l’intelligenza emotiva, la flessibilità cognitiva e il pensiero critico.

«Prima dello sviluppo dell’AI, le persone erano più focalizzate sulle skill tecnologiche, computer based, che erano le più spendibili sul mercato. Oggi l’intelligenza artificiale si occupa di molte di queste funzioni in maniera più rapida e efficiente; quindi diventa fondamentale per i giovani sviluppare un’intelligenza emotiva e una cultura interiore della percezione che non sono replicabili da alcuna macchina.

La flessibilità, la creatività, la curiosità, l’adattamento a contesti ricchi di diversità, la capacità di collaborare, l’applicazione del pensiero critico ad ogni situazione: questi sono gli asset che valgono di più oggi e ai quali noi li prepariamo, nella routine scolastica quotidiana, ad affrontare il futuro» conferma Wayne Rutherford, direttore dell’American School of Milan.