Inchieste

Il Cremlino non convince come leader del fronte alternativo

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La Conferenza sulla sicurezza di Monaco iniziata venerdì nella città bavarese arriva a quasi un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, la guerra che oltre ad aver rimesso in discussione i fondamentali dell’ordine internazionale ha inflitto un duro colpo a questo evento annuale che da sessant’anni si pone come obiettivo di «dare un contributo alla soluzione pacifica dei conflitti».

Nel 2007 fu in questa sede che Vladimir Putin tenne il celebre discorso in cui condannò «il dominio monopolistico degli Stati Uniti» e il suo «uso quasi illimitato della forza nelle relazioni internazionali». Il presidente russo disse apertamente di considerare l’allargamento della NATO come una minaccia per la Russia, con parole che oggi sono considerate da alcuni storici e analisti come una dichiarazione di guerra che l’Occidente non ha saputo interpretare, e da altri come un avvertimento che non si è saputo cogliere.

Nel Rapporto annuale sulla sicurezza di Monaco, che detta l’agenda della conferenza, si sottolinea che «la guerra della Russia contro l’Ucraina è l’attacco più sfacciato all’ordine basato sulle regole, gli attori ’revisionisti’ stanno cercando di minare lo status quo e cambiare l’ordine internazionale». Il termine “revisionista“ è una frecciata alla Russia e alla Cina, che spingono contro l’ordine internazionale a guida statunitense che disciplina l’economia, la politica e la sicurezza globale dalla fine della seconda guerra mondiale; un ordine in cui Mosca e Pechino hanno prosperato conquistando status geopolitico e ricchezze, ma senza che l’arricchimento economico della globalizzazione portasse a una spinta verso la democratizzazione.

Gli organizzatori della conferenza seguono in gran parte la visione del mondo occidentale e del presidente statunitense Joe Biden, che vede il mondo afflitto da un crescente confronto tra democrazie e autocrazie. Le posizioni emerse con la guerra in Ucraina però hanno dimostrato che le nazioni non possono essere divise in due fronti netti. Le posizioni sulla guerra russo-ucraina hanno mostrato che la parte di mondo che detiene la quota maggiore del Pil globale condanna le azioni della Russia e si schiera con l’Ucraina, ma se guardiamo alla parte di mondo che ospita la maggior parte della popolazione globale vediamo che si divide in Paesi più o meno neutrali (la maggioranza) con alcuni (pochi) vicini alla posizione russa.

Se i Paesi occidentali considerano la guerra della Russia come il tentativo da parte di un potere autoritario di eliminare uno Stato sovrano e democratico, gran parte del “sud globale” non riconosce questa distinzione per il semplice motivo che non riconosce la democrazia come un valore irrinunciabile. Questa visione però non si basa su un sentimento filo-russo o filo-cinese, è piuttosto una sorta di mentalità non ostile all’Occidente, ma comunque diffidente.

«L’immediata risposta dell’Occidente alla guerra in Ucraina non ha certamente aiutato», dice il Rapporto sulla sicurezza di Monaco. «Piuttosto che assistere i Paesi nell’affrontare l’impennata dei prezzi del cibo e dell’energia, l’Occidente li ha rimproverati per non aver mostrato sufficiente solidarietà a Kiev». Vista dalla maggior parte dei Paesi del Sudamerica, dell’Africa e del Medio Oriente, e dell’Asia la guerra in Ucraina appare solo un altro conflitto brutale, ingiusto, ma lontano e non tanto diverso da quelli che conoscono direttamente senza ricevere la stessa attenzione.

Allo stesso tempo però non esiste neanche un fronte di autocrazie schierato con Putin, che non viene riconosciuto come il  leader di un fronte globale alternativo (per non dire nemico) dell’Occidente. Le leadership cinesi, indiane, turche, iraniane, africane, centro-asiatiche e sudamericane non provano un senso di sudditanza nei confronti di Mosca, non sentono un complesso d’inferiorità di fronte alla tecnologia russa, non vedono in Putin il leader del “mondo non liberale” (o comunque lo si voglia chiamare). La Russia di oggi non è più l’Unione Sovietica che si presentava come la potenza civilizzatrice alternativa al capitalismo occidentale.

Fin da quel discorso alla Conferenza di Monaco del 2007 Putin si è “appropriato” della dimensione del Pil combinato dei BRICS per rivendicare lo status delle nuove potenze, ma da solo il Pil della Russia è nettamente inferiore a quello di ognuno dei principali Paesi europei preso singolarmente. Sono la Cina e l’India a possedere quel discorso, non la Russia. Pertanto, anche se Putin non è un paria internazionale non è neanche il leader globale del fronte anti-occidentale che vorrebbe essere.

Guardato con occhi europei, invece, l’odio del Cremlino per l’Occidente appare completamente irrazionale. La Russia fa da tempo parte del mondo europeo: nell’economia, nelle arti, nella cultura, negli stili di vita. La paura dell’accerchiamento di cui parlava Putin nel 2007 risultava e risulta del tutto incomprensibile, il lamento di un ex-impero che, travolto dalla storia come tutti gli imperi europei, non ha ancora fatto i conti con i suoi attuali confini, non solo geografici.