Inchieste

L’eterna lotta tra bevande svela il segreto della buona reputazione

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di Davide Ippolito – Esperto di reputazione aziendale e direttore di Reputation Research – New York

Non esiste Azienda, piccola o grande che sia, senza una reputazione associata.

Negli affari, il potere della reputazione è un aspetto cruciale spesso sottovalutato. Le grandi aziende, soprattutto del tech, comprendono l’importanza di gestire la propria reputazione per attrarre i migliori talenti, conquistare clienti fedeli, avere migliori fornitori con migliori condizioni di servizio e mantenere una posizione di prestigio e leadership sul mercato.

Da una recente indagine di Reputation Research è emerso che la reputazione impatta all’83,5% sulla scelta di un prodotto rispetto a un altro; questo dato diventa meno sorprendente se lo leghiamo alla teoria di Philip Kotler, uno dei principali esperti di marketing al mondo, sui tre fattori influenzanti nelle scelte dei consumatori: i fattori culturali, sociali e personali.

I primi si riferiscono agli aspetti culturali, alle norme, ai valori e alle credenze che guidano il comportamento di acquisto. La reputazione di un’azienda riflette in tutto e per tutto la sua coerenza con i valori culturali e i bisogni dei consumatori, creando un’identificazione e una preferenza verso il marchio.

I fattori sociali si riferiscono all’influenza dei gruppi di riferimento (la famiglia, gli amici e la comunità) sulle scelte di consumo. La reputazione positiva di un’azienda si diffonde con il passaparola, incidendo sulle decisioni di acquisto di chi vuole allinearsi alle opinioni dei propri gruppi sociali.

I fattori personali riguardano i tratti individuali come età, genere, reddito, istruzione e personalità. La reputazione di un’azienda può essere un fattore determinante per chi cerca di esprimere la propria personalità, soddisfare i propri bisogni di status o cercare un’esperienza di consumo conforme alla propria identità.

Un’azienda con una reputazione solida crea di fatto anche un legame emotivo con i consumatori, generando fiducia, fedeltà e un vantaggio competitivo duraturo.

Pensiamo ad esempio all’eterna lotta tra Coca-Cola e Pepsi. Ci fu un interessante esperimento qualche anno fa negli Stati Uniti dove i partecipanti furono invitati ad assaggiare le due bevande, identificate solo come A e B, senza conoscere quale delle due fosse la Coca-Cola e quale la Pepsi. Nonostante la maggior parte di loro avesse detto di preferire il sapore della prima e di saperla distinguere facilmente dall’altra, la quasi totalità confuse i marchi preferendo la seconda.

Tuttavia, quando è stata svelata l’identità delle bevande molti partecipanti hanno cambiato preferenza, dichiarando che, nonostante il gusto, preferivano ancora la Coca-Cola.

La reputazione di Coca-Cola è associata ad esperienze positive, a sentimenti di familiarità e affidabilità, e influenza la scelta d’acquisto. Nonostante abbiano considerato Pepsi più gustosa, molti hanno ritenuto che Coca-Cola offrisse un’esperienza complessiva migliore grazie alla sua reputazione.

Anche in contesti di consumo di massa la reputazione di un’azienda gioca un ruolo determinante nelle scelte dei clienti, crea un’associazione positiva e un legame emotivo con il marchio, andando oltre le caratteristiche tangibili dei prodotti.

Comunicazione efficace, coinvolgimento delle parti interessate, gestione delle crisi e adozione di pratiche etiche sono alcune delle strategie che le aziende possono adottare per migliorare la percezione e l’immagine del proprio marchio.

Investire nella costruzione e nel mantenimento di una reputazione positiva richiede tempo e impegno, ma i benefici a lungo termine possono essere incalcolabili. L’ho spiegato nel mio ultimo libro: è il capitale del terzo millennio, quello che vale la pena coltivare.