Inchieste

Spot come storie: scocca l’ora dello “slow brand”

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di Alessandro Luongo

Vincere imparando a correre più lentamente sembra un paradosso nel marketing segnato dal fattore velocità. Eppure è una tendenza globale che coinvolge consumi e imprese. È il tempo dello slow brand.

«Ho iniziato a rintracciare i primi segnali deboli di questa tendenza nel lontano 2013; nel 2017, pre-pandemia, essi non sono diminuiti, anzi» spiega Patrizia Musso, docente di laboratorio di Marketing aziendale e Internal branding all’Università Cattolica di Milano, autrice del libro “Slow Brand – Vincere imparando a correre più lentamente”.

«Anche le mie ultime ricerche accademiche post pandemia evidenziano come siano le nuove leve, i futuri consumatori, ma anche i futuri manager a richiedere ai brand di cambiare passo trasformandosi in ‘slow brand’: lo slow non è un’alternativa al fast, entrambi devono coesistere e diventare funzionali per portare a termine un progetto aziendale al meglio (un nuovo prodotto o servizio), anche prendendosi cura delle persone che collaborano a vario titolo per un certo brand per creare e gestire il tutto. E per essere attenti e responsabili nei confronti dei propri consumatori, ma anche dei dipendenti, ci vuole per forza tempo. La scusa del ‘non c’è tempo’ deve finire».

Per analizzare ancora più da vicino questi fattori, dal 2014, in collaborazione con Almed dell’Università Cattolica di Milano e l’Associazione Non Profit “L’Arte di Vivere con Lentezza”, Musso organizza l’evento Slow Brand Festival, «per ragionare con il mondo aziendale e insieme mostrare come qualsiasi brand, dalle grandi multinazionali alle PMI, possa sviluppare una strategia slow offline (ma anche online) capace di attraversare varie generazioni di consumatori, dai Boomers alla Generazione Z».

In definitiva, come si supera l’apparente paradosso velocità/più lentamente? «Se pensiamo al mondo della comunicazione pubblicitaria, oggi più che mai, nel flusso rapido di messaggi e nuovi trend cui ogni consumatore è sottoposto, emerge una tendenza: diluire i tempi di contatto con i propri stakeholder, finalizzata alla creazione di nuove e più durature relazioni anche di business.

Agli spot rapidi, d’impatto e orientati esclusivamente alla vendita di un prodotto si affiancano sempre più contenuti brandizzati che durano svariati minuti, usando talvolta anche la logica delle puntate, come, ad esempio, nelle web series, che fanno assomigliare sempre più l’adv al mondo delle fiction (quanto a durata)».

In definitiva, «ci vuole tempo per informarsi, leggere, capire e agire ed essere realmente sostenibili» conclude la docente.