La Settimana Internazionale

Aiuti di Stato: svolta green e più fondi per le PMI

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A cura di Lorenzo Consoli

La Commissione europea ha adottato il 9 marzo un nuovo “Quadro temporaneo di crisi e transizione”, mirato agli aiuti di Stato con cui i Paesi Ue sosterranno l’industria nei settori fondamentali per la transizione verde e l’indipendenza energetica, e gli investimenti per le tecnologie pulite. Il Quadro temporaneo, che ammette sovvenzioni non consentite finora, si affianca al nuovo Piano industriale dell’Ue per l’economia a zero emissioni nette.

Il nuovo dispositivo modifica e proroga di due anni (ma solo per i settori pertinenti alla transizione energetica) l’attuale Quadro temporaneo di crisi per gli aiuti di Stato, che era stato adottato il 23 marzo 2022 per rispondere alle conseguenze economiche negli Stati membri della guerra russa all’Ucraina, e che aveva già subito due modifiche il 20 luglio e il 28 ottobre dell’anno scorso.

Il nuovo Quadro temporaneo prevede, tra l’altro, una semplificazione delle condizioni per la concessione di aiuti a piccoli progetti e tecnologie meno mature, come l’idrogeno rinnovabile, eliminando in questi casi la necessità di una procedura di gara competitiva. Sono previste anche misure di sostegno alla liquidità delle imprese sotto forma di garanzie o di prestiti agevolati, aiuti per i costi supplementari dovuti a forti rincari dei prezzi del gas ed elettricità, e aiuti per una riduzione supplementare del consumo di energia elettrica.

Gli aiuti di Stato avranno dei massimali più elevati, con metodi di calcolo semplificati. Le nuove regole temporanee verranno applicate insieme alla modifica del “Regolamento generale di esenzione per categoria”, approvata contestualmente dalla Commissione, che ha elevato in diversi settori le soglie minime, in termini di ammontare del sostegno, sotto cui gli aiuti di Stato non devono neanche essere notificati all’Ue.

La proroga, fino al 31 dicembre 2025, riguarda innanzitutto le misure di sostegno per accelerare la diffusione delle energie rinnovabili e per lo stoccaggio di energia, secondo quanto previsto dal piano “REPowerEU”, e gli aiuti per la decarbonizzazione dei processi di produzione industriale, mediante l’elettrificazione o la sostituzione dei carburanti fossili con i combustibili derivati dall’idrogeno.

Sempre fino al 31 dicembre 2025, potranno essere introdotte nuove misure per incentivare e accelerare ulteriormente gli investimenti in determinati comparti industriali, classificati come strategici per la transizione verso un’economia a zero emissioni. L’elenco comprende la produzione di dispositivi utili per la transizione, vale a dire batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, elettrolizzatori, nonché dispositivi per la cattura e lo stoccaggio del carbonio (Ccs). Gli aiuti agli investimenti potranno riguardare anche  la fabbricazione di componenti chiave progettati e utilizzati per produrre questi dispositivi, e l’estrazione e il recupero (riciclaggio) delle materie prime critiche necessarie per la produzione degli stessi dispositivi e componenti chiave.

Gli Stati membri potranno fornire aiuti fino a una soglia di importo nominale e una percentuale dei costi di investimento, a seconda dell’ubicazione e delle dimensioni dell’impresa beneficiaria. In generale, l’intensità degli aiuti agli investimenti non potrà superare il 15% dei costi ammissibili, e l’importo complessivo dovrà essere inferiore a 150 milioni di euro per impresa e per Stato membro.

Tuttavia,  le imprese situate nelle aree assistite dalla politica regionale e di coesione dell’Ue (“zone A” e “zone C) potranno beneficiare di un sostegno più elevato.

Per gli investimenti nelle “zone A” (aree con Pil pro capite sotto il 75% della media comunitaria, che in Italia comprendono il Mezzogiorno e le Isole), l’importo massimo per impresa potrà arrivare a 350 milioni, e l’intensità degli aiuti potrà essere aumentata al 35% per le grandi aziende, e per le piccole e medie imprese rispettivamente al 55% e al 45%. Nelle “zone C” (aree con Pil pro capite superiore al 75% della media comunitaria, ma con problemi strutturali, come la deindustrializzazione), l’importo complessivo per impresa potrà raggiungere i 200 milioni, è l’intensità dell’aiuto arrivare al 20% dell’investimento. Anche qui, l’intensità di aiuto potrà essere maggiore per le piccole e per le medie imprese (rispettivamente fino al 40% e al 30%).

Prima di concedere l’aiuto, le autorità nazionali dovranno verificare se esistano rischi concreti che l’investimento produttivo finisca col finanziare attività al di fuori dello Spazio economico europeo, e, d’altra parte, che non sussista alcun rischio di provocare delocalizzazioni all’interno del mercato unico.

Il nuovo Quadro, infine, introduce per la prima volta la possibilità dei cosiddetti “matching aid”: aiuti di Stato “complementari” che potranno essere chiesti dalle imprese, proposti dagli Stati membri e concessi dalla Commissione, dove esista un rischio reale che gli investimenti vengano distolti dall’Ue e delocalizzati in paesi terzi che offrono sovvenzioni maggiori.

La Commissione ha inquadrato questi “aiuti complementari” in condizioni rigorose. La compensazione del “divario di finanziamento” tra la sovvenzione a cui l’impresa avrebbe diritto nell’Ue e quella offerta dal paese terzo sarà possibile solo nelle “zone A”, se riguarda un solo Stato membro. Se riguarderà, invece, almeno tre Stati membri, dovrà prevedere una significativa quota dell’investimento per almeno una “zona A” e per un’altra area assistita (anche una “zona C”).

Soprattutto, l’aiuto complementare non potrà comportare il trasferimento di investimenti tra Stati membri, o la delocalizzazione delle attività di produzione in un altro paese dello Spazio economico europeo.