Geopolitica

Ombre russe sui Baltici e disimpegno degli Usa, l’Europa tifa contro Trump

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Se l’Europa guarda con preoccupazione alle presidenziali americane e cerca di soppesare le possibili conseguenze di una vittoria di Donald Trump, i Paesi baltici sono la prima linea di questa legittima preoccupazione. Inascoltati per decenni, assieme alla Polonia, quando mettevano in guardia l’Occidente contro le mire espansionistiche della Russia di Putin, ora sono nuovamente in tensione perché sanno bene, fin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, che i prossimi sulla lista del leader del Cremlino e dei suoi sogni di grandezza potrebbero essere loro.

Senza scomodare l’onnipresente geopolitica, basta un po’ di geografia (e anche di storia) per capire il perché. Lituania, Lettonia ed Estonia hanno tutti importanti confini con la Russia e la Bielorussia e hanno al loro interno rilevanti comunità russofone con le quali i rapporti stanno diventando sempre più problematici, proprio a causa della guerra in Ucraina.

Nelle scorse settimane è stato il ministro della Difesa tedesco, Boris Pistorius, a mettere in guardia nel corso di un’intervista contro una possibile aggressione russa verso un Paese Nato:

«Sentiamo minacce provenire dal Cremlino quasi ogni giorno nei confronti dei nostri amici dei Paesi Baltici. Dobbiamo quindi mettere in conto che la Russia possa un giorno attaccare un membro della Nato»

Il riferimento è chiaro, anche se l’orizzonte di cui parla Pistorius citando rapporti di diverse agenzie di intelligence, non è un orizzonte temporale immediato e si parla dei prossimi cinque-otto anni.

Lituania, Lettonia ed Estonia, che non si sono mai sentite tranquille, hanno comunque deciso di intensificare la loro cooperazione militare e di difesa dando vita, a metà gennaio, a un meccanismo di difesa comune che prevede un rafforzamento del controllo delle frontiere con Russia e Bielorussia. Mancano ancora i dettagli di come ciascun Paese intenda rafforzare questi controlli, ma si sa che l’Estonia, ad esempio, costruirà 600 bunker lungo i quasi 300 chilometri di confine con la Russia, mentre la Lituania avrebbe in progetto di intensificare la cooperazione con gli Stati Uniti per la realizzazione dei sistemi missilistici Himars.

L’accordo, siglato a Riga, è giunto in concomitanza con rinnovati moniti di Mosca nei confronti dei Paesi Baltici, legati alle importanti minoranze russofone presenti in quei Paesi. È stato lo stesso Putin a parlare di «minacce alla sicurezza nazionale» per la maniera in cui vengono trattati i cittadini russi che vivono nelle Repubbliche. La portavoce del ministero degli Esteri russo, Maria Zakharova, non ha esitato a definire alcune misure di inasprimento nei confronti dei russofoni adottate in Lettonia come provvedimenti di «vecchia scuola fascista».

In Lettonia è stato approvato un emendamento alla legge sull’immigrazione che impone ai cittadini con passaporto russo, presenti nel Paese, di superare un esame di lingua lettone per poter ottenere nuovamente un permesso di residenza permanente. La mancata iscrizione o il mancato superamento dell’esame implicano l’espulsione. Il provvedimento interessa potenzialmente oltre 20mila russofoni che vivono da molti anni in Lettonia e che per varie ragioni hanno scelto a un certo punto la cittadinanza russa. L’ufficio centrale dell’Immigrazione di Riga ha comunicato che l’86% di queste persone ha presentato la documentazione necessaria per ottenere un nuovo permesso di residenza.

Mosca ha alzato i toni. Parla del rischio di deportazione per circa 2mila cittadini russi, anche se le autorità di Riga hanno prodotto in autunno un nuovo emendamento alla legge sull’immigrazione, grazie al quale è possibile chiedere un permesso di residenza temporaneo biennale, periodo durante i quale dovrà essere comunque sostenuto l’esame di lingua lettone, un esame basico, di livello A2.

Il precedente del Donbass parla chiaro e ha reso parecchio sospettose le etnie baltiche dei tre Paesi, dove l’uso del russo negli uffici pubblici, nelle istituzioni e nelle scuole viene progressivamente limitato. E tanto per mantenere alta la tensione, nei giorni scorsi il leader del Cremlino si è recato in visita a Kaliningrad, exclave russo di grandissima importanza strategica e militare, che si insinua come un cuneo tra la Lituania e la Polonia, staccata dal resto della Russia.

Kaliningrad è sede della flotta del Baltico e di basi missilistiche importanti. Qui hanno sede batterie di missili a medio raggio, gli Iskander, e da anni, secondo fonti dell’intelligence lituana, testate nucleari pronte a essere montate su questi vettori. Il cuneo si insinua nel confine tra Lituania e Polonia, il cosiddetto varco di Suwalki, stretto all’altra estremità dalla Bielorussia. È riconosciuto unanimemente dagli analisti militari come il punto debole del fianco Est della Nato e come il possibile punto d’attacco congiunto da parte di Russia e Bielorussia contro un Paese dell’alleanza atlantica. Un’azione a tenaglia di Mosca e Minsk taglierebbe immediatamente fuori i Paesi baltici dalla stessa Nato.

Negli ultimi anni la presenza militare occidentale a difesa dell’area è aumentata, mentre la stessa Germania ha annunciato che manderà in pianta stabile in Lituania una brigata di 5mila uomini. La brigata sarà in permanenza sul territorio del Paese baltico e non più su base rotatoria, ma non sarà pienamente operativa prima del 2027.

Basterà come polizza assicurativa nel caso di una vittoria di Trump? No perché l’ex presidente americano durante il mandato non aveva mai detto chiaramente che avrebbe rispettato l’articolo 5 della Nato, quello che impegna ciascun Paese a scendere in campo in difesa di un membro dell’Alleanza oggetto di un’aggressione. Questo i Baltici lo sanno meglio di chiunque altro e lo temono. L’appoggio americano è stato vitale per la resistenza ucraina mandando all’aria i piani originari di conquista lampo da parte del Cremlino. Putin l’ha poi trasformata in una guerra di logoramento dando l’impressione che il fattore tempo, se non quello tattico e militare, sia almeno dalla sua parte.

L’importante è non sottovalutare gli avvertimenti di Lituania, Lettonia ed Estonia, come in passato.