La Settimana Internazionale

I cambiamenti irreversibili in Russia e Ucraina e i due volti della guerra

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di Ugo Poletti, Direttore di The Odessa Journal

Sono passati sotto i nostri occhi un inverno, due primavere e due estati di guerra e abbiamo visto tante cose, con tante sorprese. Oggi possiamo parlare di alcuni cambiamenti irreversibili per quanto riguarda il rapporto di forze tra Ucraina e Russia.

Il 24 febbraio 2023, il secondo esercito del mondo, supportato da un servizio segreto molto temuto, si è schiantato contro una resistenza inaspettata delle forze armate ucraine, a cui tutti gli esperti militari davano pochi giorni di vita. Abbiamo visto l’armata professionale russa consumarsi in un’ecatombe di morti e feriti, sostituita da un esercito di leva, di qualità militare inferiore. Inoltre, in nessuna guerra del passato abbiamo visto un numero così alto di generali e ammiragli uccisi come è successo ai Russi.

Nonostante queste perdite non sono riusciti a raggiungere gli obiettivi del loro piano: conquistare la capitale ucraina e instaurare un governo filo-russo (obiettivo primario); annettere tutta la costa del Mar Nero fino ad Odessa (obiettivo secondario); “liberare” almeno la parte della regione del Donbas ancora controllata dall’Ucraina (obiettivo minimale).

Oggi, la discussione pubblica in Russia verte su “quanto riusciamo a resistere” agli attacchi ucraini e non più su “come sconfiggere l’esercito nemico e conquistare l’Ucraina”. Uno scenario a cui nessuno avrebbe creduto un anno fa. Sembra un pugile con il titolo di campione del mondo che non riesce a mettere K.O. un pugile esordiente e con poca esperienza, ma si chiude nell’angolo e cerca di parare colpi, senza riuscire a riportare l’avversario al centro del ring.

Un aspetto importante da evidenziare è quello dell’assetto politico in Russia. Di fronte all’insuccesso, la leadership russa si è chiusa in sé stessa, il sistema di potere non ha effettuato alcuna riforma interna per innalzare l’efficienza dell’amministrazione del paese.

A parte i cambiamenti frequenti di generali sul fronte, che fanno male alla conduzione della guerra, la Russia mostra una società arroccata e inerziale, non disposta a correggere l’impostazione del paese. Per esempio, nonostante la dilagante corruzione nelle forniture militari, che è stata anche un fattore rilevante della sconfitta russa, non ci sono state azioni sistematiche per purgare questa piaga.

Dal lato ucraino, abbiamo assistito nelle prime settimane di guerra alla resistenza con le unghie e con i denti, di fronte ad una sconfitta inevitabile. Così pensavano gli Ucraini, che comunque combattevano con ostinazione. Poi la svolta: l’esercito che tutto il mondo considerava quasi come quello afgano, cioè pronto ad arrendersi in poche ore, ha rivelato una capacità combattiva al livello di quello israeliano.

I Russi passarono dall’offensiva baldanzosa verso la capitale Kiev, con le uniformi da parata nello zaino, alla ritirata sconcertata per mancanza di rifornimenti. Dopo pochi mesi, erano gli Ucraini a strappare l’iniziativa ai Russi: decidiamo noi quando attaccare e dove colpire.

In questi mesi abbiamo appreso che gli Ucraini amavano la loro indipendenza dalla Russia al punto da rischiare la vita. Senza questa forte motivazione di soldati e società, non sarebbe avvenuto questo clamoroso ribaltamento della situazione. In guerra non bastano buone armi e tanti soldi per rendere un esercito forte. Ci vuole anche la volontà degli uomini.

Inoltre, gli Ucraini hanno capito che per vincere questa guerra esistenziale, occorreva essere più abili del nemico. E infatti, abbiamo visto sul campo di battaglia un esercito più organizzato, anche grazie all’addestramento fornito dalla NATO. Ma le sorprese non sono finite. Questa guerra ha portato ad un innalzamento tecnologico, grazie anche all’eredità militare sovietica, che in Ucraina aveva gran parte della sua industria aerospaziale.

Riguardo all’aspetto politico, la leadership ucraina allo scoppio della guerra era una classe dirigente nuova, frutto delle elezioni del 2019, che hanno portato alla presidenza Zelensky, un attore e produttore televisivo privo di esperienza politica. Questi uomini al governo dell’Ucraina, di età media 40 anni, hanno deciso di resistere sul posto, anziché rifugiarsi all’estero (come fecero molti governi invasi dalla Germania nella seconda guerra mondiale) e hanno lavorato per tenere il paese in piedi.

La cosa più sorprendente per un residente in Ucraina (come il sottoscritto) in quei primi mesi di guerra è stata non tanto la resistenza dell’esercito ucraino, quanto il fatto che gli uffici pubblici continuavano a lavorare (perfino celebrando matrimoni!) e che nei supermercati continuavano ad arrivare i prodotti alimentari.  Riguardo poi alla corruzione, anch’essa molto diffusa in Ucraina, il governo ha iniziato a combatterla con più decisione che in passato, con un numero di arresti mai visto prima. Abbiamo assistito a licenziamenti di ministri e viceministri per migliorare il sistema. Perfino tra la gente comune si è fatta strada la convinzione che la corruzione sia il miglior alleato del nemico. Un cambio di mentalità notevole per questo paese. Nulla di tutto questo si è visto in Russia.

In conclusione, gli avvenimenti sul campo di battaglia possono essere letti come il confronto tra due sistemi politici e due società. In questo braccio di ferro militare abbiamo visto la potenza russa che ha scatenato l’invasione chiudersi in sé stessa di fronte all’insuccesso, e non provare a rivedere il suo sistema sociale e politico per migliorare l’efficienza. Al contrario, l’Ucraina ha sorpreso il mondo, non solo per la sua capacità di resistenza e di sacrificio, ma soprattutto per il salto di qualità organizzativo e tecnologico che le hanno permesso di mettere la Russia all’angolo.