La Settimana Internazionale

Dopo l’incredulità la vendetta: il fragile equilibrio spezzato per sempre

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di Claudio Brachino e Gabriele Politi

Come è potuto accadere che un Paese che ha fatto del concetto di difesa dei propri territori, dei propri confini, fino al punto quasi della paranoia militare – parliamo di Israele – un proprio mandato, una propria missione, una forma quasi deontologica di esistenza, si sia fatto prendere di sorpresa dall’attacco dei terroristi di Hamas? Migliaia di miliziani sicuramente addestrati, forse in Iran anche se gli Stati Uniti dicono che attualmente non ci sono prove, sono penetrati nel territorio di Israele anche con mezzi volutamente non tecnologici, arcaici, qualcuno ha detto medievali, come per esempio alcune forme di deltaplano, strumenti insomma antichi e semplici che hanno aggirato le grandi tecnologie dell’esercito israeliano. Una volta nel territorio di Tel Aviv i miliziani sono stati spietati. Qualcuno ha parlato di violenza jihadista islamica volutamente medievale, in odio probabilmente agli ebrei più che allo Stato di Israele.

Non quindi Hamas, che rivendica la Palestina per i Palestinesi, non due terre per due popoli, non due Stati per due popoli, ma un’intera forma religiosa di esistenza, un’intera cultura, un’intera etnia (e questa volta usiamo il termine esplicitamente) spazzate via del tutto, ributtate nel mar Mediterraneo, cancellando quel territorio in fondo costruito artificialmente dopo la Seconda guerra mondiale e che tanto inquieta tutti gli equilibri del Medio Oriente.

Una volta nel territorio di Israele, dicevamo, i terroristi di Hamas, numerosissimi, a migliaia, hanno ucciso senza pietà, massacrato degli innocenti, anche dei giovani che erano a un rave nel deserto e hanno girato le immagini come forme di trofeo: donne violentate, donne, vecchi, bambini trasportati a forza su macchine e su moto fino al territorio di Gaza. Probabilmente ora gli ostaggi, non si sa precisamente il numero ma certo più di 100, sono tenuti nei cunicoli scavati sotto l’immenso spazio della Striscia.

Adesso ci sarà la vendetta di Israele. Netanyahu è stato colto di sorpresa. Si parla di un governo inetto, dove metà dei suoi componenti non hanno fatto neanche il servizio militare, ma ci sarà inevitabilmente la grande vendetta, di sicuro come forma di manifestazione della propria identità. Non sarà né rapida né scontata, come è avvenuto altre volte nella storia recente degli ultimi decenni.

Bisogna pensare a fortificare i confini che sono diventati colabrodo sia a sud sia a est con la West Bank, sia al Nord, dove è in ebollizione anche l’eterno conflitto con gli Hezbollah. Israele si deve muovere con cautela, anche se ovviamente la vendetta su Gaza, già attraverso le prime rappresaglie e bombardamenti e i carri armati che marciano verso quel territorio, è violenta. Ci sarà un altro inevitabile massacro: migliaia di morti già da una parte e dall’altra e molti innocenti che probabilmente, come hanno pagato in Israele, pagheranno anche nella Striscia di Gaza. Il mondo sta a guardare. Gli Stati Uniti offrono aiuto a Israele ma non truppe, l’Europa condanna ovviamente questo attacco: alla Palestina e ai palestinesi della Striscia di Gaza solo aiuti umanitari.

Per quanto riguarda il futuro diplomatico è però tutto molto incerto, perché è inevitabile che un attacco così in grande stile non può non aver avuto anche delle connivenze internazionali. Si parla ovviamente dell’Iran, di un doppio gioco della Russia, di questa espressione ambigua di Putin che da un lato è amico personale di Netanyahu ma dall’altro potrebbe avere tutto l’interesse a destabilizzare gli equilibri del Medio Oriente ed evitare anche l’accordo cosiddetto “di Abramo” che stava per essere firmato fra Israele e Arabia Saudita. Anche gli stessi sauditi sono rimasti alla finestra e per certi versi hanno preso una posizione scomoda con Israele. C’è chi dice che tutto questo sia una vendetta per una partita di armi che dal Mar Nero doveva finire ai ribelli dello Yemen e che invece è finita a Kiev. Bisognerà vedere. Certo è che tutta la geopolitica del mondo e di quella parte del mondo sta diventando molto complicata: tra il Medio Oriente, a sud del Mar Nero, e fra le due guerre in questo momento sembra esserci, se non un collegamento esplicito provato, come un’eco di destabilizzazione del mondo. E c’è il rischio che il conflitto ovviamente si possa allargare.

È intervenuta anche la nostra premier, che si è confrontata con altri leader occidentali. Il tema ora è proprio questo: evitare che il conflitto si allarghi e che vengano coinvolte le grandi potenze.