La Settimana Internazionale

Il tragico sisma in Marocco scuote anche gli equilibri nel Mediterraneo

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di Claudio Brachino

L’ho detto a caldo nella rassegna stampa di Rainews24, le immagini delle tragedie collettive, che io chiamo epiche a causa delle mie reminiscenze letterarie, producono in chi ha fatto hard news televisive sempre lo stesso riflesso drammatico. Dolore acuto, angoscia, tristezza, la pena irrazionale e cosmica per chi ha perso la vita, di chi lotta per salvarla, di chi l’ha salvata ma ha perso tutto, affetti, cose, case.

Il terremoto che ha colpito il Marocco è stato violentissimo, l’epicentro sul Grande Atlante dove ci sono state gran parte delle vittime, e poi la devastazione di un gioiello della cultura e della storia come Marrakesh. Mentre scrivo, un po’ prima della pubblicazione a causa di ragioni di stampa e di distribuzione, i morti sono già quasi 3mila ma saranno inevitabilmente molti di più, perché migliaia sono ancora i dispersi e i feriti gravi.

Per quanto il bilancio sia ancora  provvisorio, come si dice con cautela per non sbagliare, le dimensioni della tragedia sono evidenti. Come dicevo all’inizio la mia indole di cronista televisivo mi spinge nelle prime ore a tenere lontana la politica.

Il sisma pone sempre una sfida ai soccorritori, il tempo, quello per trovare segnali di vita sotto le macerie e salvare le persone. Dimensioni grandi del sisma, tanti che scavano. Poi lotta contro il tempo per salvare i feriti, medici, medicine, strutture anche se temporanee.

Poi gli sfollati, quelli che vivono e dormono all’aperto, nei dintorni di Marrakesh e nei più aspri e isolati paesaggi dell’Atlante. Paesaggi splendidi ma con una vita ancora semplice, non tecnologica, ricordo il mio viaggio del 2003, l’accoglienza nelle case per il rito del thè e il sorriso magico dei bambini alla vista delle jeep e di qualche semplice dono.

Ora c’è difficoltà a raggiungere chi è stato colpito, molte persone sono ancora isolate e non riescono a ricevere aiuti. Ecco concentriamoci su questa parola che ci porta dalla fase drammatica a quella politica del nostro ragionamento.

Il Marocco, in un quadro di grande emergenza come quello che abbiamo appena descritto, ha accettato i soccorsi ufficiali solo di quattro paesi: Spagna, Gran Bretagna, Qatar e Emirati Arabi Uniti.

Insomma, il mondo pronto a intervenire è stato lasciato alle porte. Fa impressione, senza sorpresa, il no alla Francia. I rapporti con gli ex colonialisti sono sempre più tesi anche se il re Mohamed VI è arrivato sulla scena del disastro solo con un video perché in visita privata proprio a Parigi, quantomeno un pasticcio simbolico. Le teorie dei vari analisti sono tante, dallo spostamento di Macron verso l’Algeria allo scandalo Pegasus con il Presidente francese intercettato al telefono.

Fa senso anche l’esclusione dell’Italia, dopo che Giorgia Meloni più volte ha parlato del nostro paese protagonista di una nuova geopolitica del Mediterraneo, economica ed energetica. La Premier di ritorno dal G20 in India si è fermata in Medio Oriente suscitando l’entusiasmo delle nostre grandi aziende di Stato.

Ma la questione africana rimane aperta, soprattutto in quella lunga fascia per noi molto sensibile che si chiama Maghreb, un mondo da cui nei prossimi anni possono arrivare tante di quelle persone da cambiare per sempre la nostra società.