La Settimana Internazionale

La diplomazia del grano: così Mosca rafforza l’influenza in Asia e Africa

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di Federico Bosco 

La Russia è una potenza delle materie prime, come il gas naturale, il petrolio, il carbone, i minerali, i metalli. Ma la Russia è anche una potenza dell’agricoltura e nell’ultimo anno sta diventando una superpotenza delle esportazioni di grano e di altre derrate agroalimentari che, a differenza degli idrocarburi, per questioni umanitarie non sono sottoposte a sanzioni.

Mosca sta sfruttando questo spazio d’azione per rafforzare il suo ruolo di primo esportatore mondiale di grano e assicurarsi il sostegno dei paesi in via di sviluppo nelle sedi internazionali, come nelle votazioni delle risoluzioni delle Nazioni Unite in cui i paesi importatori di grano e cereali russi si astengono dal votare contro la Russia. L’obiettivo del Cremlino è usare le forniture agroalimentari per mantenere i paesi del cosiddetto “Sud globale” in una posizione di neutralità e di rifiuto della lettura occidentale della guerra russo-ucraina, e sfruttare questa ambiguità per dare fiato alla retorica del mondo multipolare.

Negli ultimi 12 mesi le esportazioni e la produzione di grano russo sono cresciute in maniera considerevole, e grazie al clima favorevole e ai raccolti eccezionali e continueranno ad aumentare fino a livelli record. Secondo le proiezioni del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti alla fine della stagione 2022-2023 la Russia avrà esportato 45 milioni di tonnellate di grano, un aumento del 36% rispetto all’annata precedente, ampiamente al di sopra dell’Unione europea, il secondo maggiore esportatore con 35 milioni di tonnellate.

I principali importatori di grano russo sono Turchia, Egitto, Iran, Arabia Saudita, Sudan e Algeria. Ciò è dovuto alle aspettative di maggiore offerta e alla forte domanda di grano del Mar Nero venduto a prezzi accessibili, e alla riduzione della quota di esportazioni di grano ucraino.

L’affermazione della Russia infatti avviene a spese dell’Ucraina, l’altra potenza dell’agricoltura – quinto esportatore e settimo produttore di grano a livello mondiale – che a causa della guerra ha dovuto ridurre la produzione e l’esportazione di grano, e nei prossimi due anni vedrà la sua quota di mercato dimezzarsi rispetto ai livelli pre-bellici passando dal 10% del 2021 al 5% nel 2024.

La produzione ucraina ha subito danni a lungo termine a causa dei campi minati, dei bombardamenti, della rottura delle catene logistiche interne e dal rischio di un ritorno dello stato di assedio del golfo di Odessa imposto dalla marina russa all’inizio della guerra, interrottosi solo dopo l’accordo per i corridoi sicuri mediato dall’ONU e garantito dalla Turchia. Un accordo fragile che comunque riduce i volumi di transito, e che viene costantemente contestato dal Cremlino con la minaccia di non rinnovarlo.

Consapevole che gli occidentali non possono sanzionare le esportazioni alimentari russe senza creare shock globali, Mosca sta prendendo il pieno controllo della sua produzione per inserirla in uno sforzo geopolitico più ampio. Dopo l’uscita dalla Russia delle principali multinazionali che trasportavano il grano russo – la statunitense Cargill, la britannica Viterra, la francese Louis Dreyfus – le aziende russe potranno fare a meno di ogni trasparenza e agire al riparo dai controlli, riuscendo più facilmente a vendere all’estero anche le derrate alimentari coltivate nei territori ucraini occupati.

Mosca mischia una parte del proprio grano con il grano ucraino proveniente dai territori che ha invaso e occupato: circa 3 milioni di tonnellate nel 2023, scrive un rapporto dell’agenzia di stampa russa Tass citando il ministro dell’Agricoltura Dmitry Patrushev. I trader russi negano il commercio di grano proveniente dall’Ucraina, ma più quelle aree vengono integrate nelle supply-chain russe, più diventa difficile tracciare le filiere.

Kiev ha invitato gli importatori a sequestrare il grano sospetto, senza particolare successo. Ma se i numeri aumentano, i governi occidentali non potranno ignorare la questione, e neanche i paesi che importano grano russo.

Se Mosca non ha esitato a usare contro l’Europa una risorsa proficua e strategica come il gas, se non esita nel tradire gli accordi sul petrolio in sede Opec, non esiterà a usare il grano contro i paesi in via di sviluppo.